lunedì 5 marzo 2018

Il secondo venuto



Firenze, mattina del 5 marzo 2018. Una mattinata di fine inverno, grigia, fredda, piovigginosa. La città è in lutto per l'improvvisa morte di un giocatore di pallone. Da poco si sono fatte le loro votazioni e imperversano seggi, conteggi, governi, poteri, coalizioni; tutto questo non impedisce né alla pioggia di cadere, né alla vita e alle vite di tutti di sciorinare le loro banalità quotidiane, le loro occupazioni.

Non lontanissimo da dove abito, c'è un ponte dedicato a uno che ha dato il suo nome a un continente intero, fin dalla Universalis Cosmographia di Martin Waldseemüller e Matthias Ringmann. Era un venticinque aprile, dell'anno 1507. Nel frattempo, su quel ponte che sbocca davanti al consolato degli Stati Uniti d'America, davanti a quel consolato dove si facevano i sit-in, le proteste e gli scontri, passa il signor Roberto Pirrone, di anni sessantacinque. Sembra sia uscito per una di quelle banalità quotidiane di cui si parlava prima, o occupazioni: suicidarsi. Anzi, per meglio dire: suicidarsi per questioni economiche.

Arrivato sul ponte, il sig. Pirrone constata però che suicidarsi, pur essendo a tutti gli effetti un fatto quotidiano, non è poi così semplice. Gli manca, insomma, il famoso coraggio. Ha già scritto una lettera d'addio alla figlia. Ha con sé una pistola, vale a dire quella cosa che dovrebbe servirgli per compiere quel banale atto e spedirsi da solo nell'altro mondo; ma il sig. Pirrone proprio non se la sente, non ce la fa. L'ego prevale sull'es. Escogita allora un'altro sistema.

Andare in carcere. Suicidarsi da vivo. Per non gravare più sulla famiglia. C'è tutto un manuale di psicoqualcosa in quel che accade dopo: perché il coraggio che manca per puntarsi una pistola addosso e farla finita, lo si trova per puntarla addosso a qualcun altro che sta passando. Il primo che passa; anzi no, in questo caso pare il secondo.

Passa una famiglia con bambini. Loro? No, il signor Pirrone è sicuramente una persona perbene, un ometto qualsiasi, un brodo di tutte le storie che possono accumularsi in una vita ordinaria. Non si ammazza una famiglia con bambini. Dopo di loro, invece, passa un senegalese di una cinquantina d'anni e rotti; è solo. Bingo. Per uno del genere si può anche andare in galera, e non gravare più sulla famiglia risparmiandole anche le spese per il funerale. Il secondo venuto, appunto. E così il senegalese, che passava da solo sul ponte, si ritrova steso per terra sotto la pioggia, attorniato da soccorritori che sembrano vestiti da Babbo Natale. Morto, naturalmente. Quando si passa su un ponte e si incrocia una disperazione armata, occorre sempre tenere conto che avere la pelle scura, oggi come oggi e anche ieri come ieri, è un grosso problema. Anche imbattendosi in un disperato a cui però manca il coraggio di rinunciare alla propria vita, paiono esserci discrete differenze, serie A e serie B, famiglie felici e negri che camminano da soli. Quindi, pum pum.

A Firenze si spara volentieri al senegalese; mi piacerebbe poter dire che le gesta del Casseri in piazza Dalmazia "sono ancora nella memoria di tutti", ma tutto lascia supporre che non sia affatto così. E così eccone un altro, mentre prosegue il lutto per il calciatore morto e si contano i voti. Così per fare, per un fascista o per un aspirante suicida. Di tutto oramai si ha paura, tranne che della follia gratuita. Scrivo in giorni in cui mi è capitato di sperimentarne personalmente un piccolo esempio, per fortuna senza gravi conseguenze; ma le conseguenze dipendono magari dal fatto di ritrovarsi semplicemente di fronte a uno che non ha un'arma, oppure a uno che non ce l'ha. Tutto qui.

Ne consegue che, passando su un ponte cittadino, bisogna prendere la follia e farle un discorsetto preventivo. Può, ovviamente, essere del tutto inutile perché la Follia ha sempre e comunque l'ultima parola, ed inoltre può manifestarsi bianca, nera, gialla, rossa, a pallini o incolore; ma avendo ella comunque un barlume di logica, sia implicita che indotta, e considerato che si tratta di un estremo tentativo di salvarsi la pelle, le va detto prima di tutto di essere un normale uomo bianco, in possesso di documenti attestanti la cittadinanza italiana. Il fatto, magari, di essere da solo e di non avere momentaneamente con sé moglie o bambini che indichino lo status familiare, può rappresentare senz'altro un problema se su quel ponte passa il sig. Pirrone cui non riesce proprio di suicidarsi e che vuole andare in carcere; ma il destino, che a propria scelta si può chiamare Iddio o Buona Sorte (altresì detta "Culo"), ha voluto che proprio in quel momento, in seconda battuta, passi il sig. X, africano e solo. E senz'altro privo di famiglia, dato che gli africani hanno al massimo una tribù.

Così funziona. Andando a leggere scrittori e cronache dell'antichità, medievali, di tempi comunque lontani, si trova sempre espressa la paura della follia dei propri tempi. Non è, quindi, nulla di nuovo sotto il sole, anche quando piove. Se ne è sempre avuto paura, della follia, cercando di ricacciarla nei pozzi più profondi degli abissi, nascondendola, patinandola, oppure -non di rado- innalzandola fino ai gradi più alti del potere. Cercando comunque di renderla inarrivabile, ma facendosi stendere addosso il suo velo che ha la tendenza ad essere proteiformemente quotidiano. Quotidiano e munito di tutti i segni di un dato tempo.

Poiché su quel ponte sarei potuto passarci io, o tu; poiché un sig. Pirrone con i propri problemi economici (o affettivi, o esistenziali, o di qualsiasi altro genere) lo si trova sempre, e ci si passa accanto sfiorandosi sull'autobus, in una strada, su una spiaggia o persino in casa propria; poiché la follia è padrona del genere umano fin dai suoi albori; poiché nessuno ne è al riparo e nessuno ha il diritto di dichiararsene immune; poiché quasi sempre essa è coniugata ad una lama di odio che ci perfora costantemente e scientemente nutrita; poiché la vita di ognuno sfocia in un momento in cui non si torna più indietro; poiché nessuno conosce niente di nessuno; poiché si può essere in qualsiasi istante e in qualsiasi luogo dei secondi venuti; poiché lo spread è già salito di dieci punti; poiché anche stamani c'è, steso per terra, un cadavere che parlava wolof, non resta altro da fare che tenersi sempre pronti. Estote parati, si dice classicamente.

Il senegalese ucciso, il secondo venuto, si chiamava Idy Diene e aveva 54 anni. Sul ponte si è radunato spontaneamente un gruppo di connazionali.