lunedì 23 gennaio 2017

Ceux qui ne sont plus Charlie (La neve non arriva mai)


1.

Poiché, com'è arcinoto
la neve non arriva mai
l'economia ne risente,
e in un siffatto frangente
per interi settori son guai.

Si lagnano gli albergatori,
si lagnano gli economisti,
si lagnano gli sciatori,
si lagnano i ristoratori
e pure gli alpinisti.

Un giorno la neve arriva
e ne arriva pure tanta.
Lo skilift può trasportare,
via la neve artificiale,
ecco un inverno normale.

Però la neve è carogna,
io proprio non la sopporto.
Alla neve sono estraneo,
e non per niente son nato
in un paese Mediterraneo.

E mi fanno sempre un po' ridere
le torme di sci-muniti,
famiglie che fanno il telemark,
ragionieri alla Ingemar Stenmark,
fuoripistanti incalliti.

Ci sono i resort di lusso
sulle Alpi e sugli Appennini
costruiti proprio sotto
montagne da far paura:
evviva l'avventura.

Un giorno la neve arriva
e ne arriva pure tanta;
arriva, ed è pure arcinoto
dove batte il terremoto,
in luogo piuttosto remoto.

Con la stradina tortuosa
sepolta da metri di neve;
si stacca la valanga,
oppure è la slavina,
morte, lutto, rovina.

Ora la storia si fa
tragica e molto eròica.
Scrivo che ancora stanno
parecchi sepolti là sotto,
sotto l'albergo travolto.

In questo paese ci abbiamo
sempre gli eroi del dopo.
Il prima è una rete assai fitta
di idiozia e presunzione
condita di mafie e coësione.

E quando la neve arriva
ci vogliono gli spazzaneve,
ne compreresti a bizzeffe
al costo di un solo Effe
Trentacinque.

E quando la neve arriva
(peraltro ben annunciata)
dimenticato è il prima,
che fa pure la rima:
solo soccorsi e eroïsmo.

Solo nazionalismo.
Solo perbenismo.
Scordàti tutti i torti
si raccattano i morti
scavando e riscavando

ma mai nelle coscienze.
Le coscienze danno fastidio.
Bisogna restare uniti
e guai a scalfire
il fortino, il presidio.

Ché ci abbiamo sempre gli eroi
mai del prima e sempre del poi.
E quindi s'indaga a ritroso
sul solito disastro colposo,
s'indaga e s'invoca rispetto

per morti di strade sepolte,
per morti di slavine di lusso,
per morti d'incurie e dissesti
per morti ammazzati dal niente,
per morti di stato assente.

2.

E mentre gli eroi scavatori
e i prodi soccorritori
aspettan da anni invano,
sepolti anch'essi da quintali
di retoriche micidiali,

il contratto di lavoro;
e mentre i politicanti
si addannano tutti quanti
a invocare eccellenze
e a farsi selfie in doposcì;

e mentre si fan luminarie
e novene di preghiere,
e mentre si spaccia per emergenza
quel che emergenza non è,
quel che sarebbe normale

in un inverno normale,
in una normale stagione
dove non si fa la costruzione
di un coso di lusso in un canalone,
c'è una rivistina francese

magari un poco carognetta
che ci fa su la vignetta.
Si vede la morte secca
che scia quasi allegra e dice:
“Italia: neve, ma  non per tutti!”

Niente di ché, mi direte;
ne ha fatte, certo, di migliori.
Quando ne fa di migliori,
però, ci son certi signori
che proprio non gli va giù.

Si prendono un caffè al bar,
poi urlano “Allah akbar!”,
e giù a sparar come cristi
sui maledetti vignettisti;
e allora, son tutti Charlie.

La libertà di espressione!
E anche la sacrosanta
mancanza di rispetto
che vale solo se si irride
il profeta Maometto.

La satira, si sa, fa male,
anche se parla en passant
di una valanga normale,
regolarmente micidiale
in un inverno normale

quando nevica a morte
in plaghe terremotate,
e dove si tiene aperto
l'albergo pluristellato
che attende di esser centrato.

La libertà di espressione!
Che vale però soltanto
quando non ti tocca tanto.
Che vale però solo se
non tocca proprio te.

E allora, regolare,
scende in campo a pugnare
il nazionalpopolare:
il sindaco di Amatrice
che, per altro, si dice,

dovrebbe pensare più alle casette
tirate a sorte in lotteria
piuttosto che alle vignette,
risponde con altra vignetta
eroïca e nazionalista

di tale Ghisberto, un razzista
nonché un notorio fascista
che esalta il “Soccorso Alpino”;
come si diceva, gli eroi
del Paese del Poi.

ghisb


Poi ecco pure il Fiorello,
paradigma emblematico
dell'italico cervello;
la sua risposta non si perda:
“Charlie? Dei pezzi di merda”.

E nel frattempo si spera
di salvare altri poveracci
sepolti sotto quell'albergo
come fosse una miniera,
l'albergo a quattro stelle

come fosse Marcinelle,
si scava, si scava e si spera
mentre, un poco più in là,
nell'indifferenza generale
e nel gelo di un inverno normale

migliaia di esseri umani
crepano di un freddo uguale
aspettando che dei ciarlatani
aprano una frontiera;
ma là, però, non si spera.

Dal che si evince che vale
più una valanga in Stiria
che i profughi dalla Siria;
o la valanga sull'Appennino
delle barricate di Goro e Gorino.

3.

Morale: da queste parti qui
non sono più Sciarlì.
Sciarlì si è nel bailamme,
quando ti spara l'islàmme;
quando c'è l'indignazïone

per la libertà di espressione.
Quando invece si crepa,
e quando agisce il mortorio
di una gestione criminale
(in un inverno normale)

del tuo proprio territorio,
allora ci vuole e occorre
il capro espiatorio.
E chissà che tanti, ora,
non pensino: alla malora!

Non pensino che, in fondo,
hanno avuto quel che conviene
e che l'ISIS ha fatto bene
a sparare a quei denigratori
degl'italici e grandi cuori,

paese di Soccorritori
che soccorrono costantemente
il ferito e il morto ammazzato
dal suo stesso Stato;
dando poi di “sciacallo”

a chi pesta troppo il callo,
come fece un dì a Longarone
il fascista Indro Montanelli
(sia detto un po' tra le righe
a proposito di dighe).

Preghierine e chiacchierìo
e statue di Padre Pio,
mentre là nelle intemperie
si scava tra le macerie
eterne di questo paese.

Dicon: Disastro colposo.
Se ne andrà via la colpa
e resterà solo il disastro.
E sulla prossima casetta
si metterà una vignetta.

E il prossimo inverno, la lagna
riecheggerà incancrenita
lassù su qualche montagna:
“Non nevica! Non c'è neve!
Il danno per l'economia!”

Su per le montagne sventrate
da piste di sci frequentate,
e dai pendii violentati
da skilift e seggiovie,
da boschi interi spianati

per far posto alle familiari
invernali idiozie,
a alberghi nei canaloni,
a spa, wellness e piscine,
a carne da slavine.