lunedì 18 maggio 2015

Sussist or nòt sussist



That is the problem. O meglio, that was the problem. Qualcuno, forse, si ricorderà del Prozess che mi era stato intentato qualche tempo fa per per aver attentato all'onore e al prestigio di una persona che, in quel momento, occupava la carica più alta dello stato. Ora mi devo un po' scusare con tutti i miei sempre più improbabili lettori, tenendo anche conto che -per natura- a volte parlo di me stesso per quanto riguarda impressioni, situazioni e piccole cose che ho vissuto e che vivo, ma lo faccio molto meno volentieri se ci sono di mezzo questioni amministrative, giudiziarie e quant'altro. Credo che, più che altro, sia una qualche stramba declinazione del pudore; fatto sta, che come richieditore di solidarietà sono e resto un perfetto disastro, ed anche a suo tempo ho richiesto piuttosto un paio di risate e un bicchiere di vino alla salute.

Ad ogni modo, il procedimento, tra accidenti e anticipi, è andato avanti ed oggi mi è stata comunicata nientepopodimeno che la sentenza.


In base alla quale, tatàn, sono stato assolto perché il fatto non sussiste.

Non crediate che aspettare una sentenza per capi di imputazione (più una recidiva) che comportano fino a cinque anni di galera aumentati eventualmente di un terzo sia una cosa tranquillina, per non parlare di possibili pene pecuniarie. Con la mia ben nota & costante situazione finanziaria (ultimamente gli amici mi chiamano “Hellas”, ndr), sarebbe stata forse preferibile una freschissima e confortevole cella alla Cajenna. Ma tant'è; e se qualcuno, per caso, s'è fatto quel paio di risate e s'è bevuto quel bicchiere di vino, sappia che hanno funzionato. Voless'Iddio, che prima naturalmente avrebbe da risolvere una volta per tutte la questione della sua esistenza, che funzionassero anche per qualche ragazzo che è stato morto, o per dei compagni in galera per un compressore, o per mille altre cose in confronto alle quali la mia è meno che nulla. Non posso che augurarmelo vanamente, continuando -finché mi regga il fiato- a portare qualche granello di sabbia, sia pure negli strani modi che, purtroppo o per fortuna, mi sono più congeniali.

Altro non saprei davvero dire; a parte, naturalmente, ringraziare tutt* coloro che hanno speso una parola, un messaggio, un qualcosa per il sottoscritto. Fin dall'inizio di questa vicenda, Franz Kafka ha lavorato a pieno regime. Mi sono riletto il Processo (che, per capricci del destino, ho anche in un'edizione in lingua finlandese, Oikeusjuttu, regalatami più di trent'anni fa da una fidanzatina che credeva fosse in svedese, e che ora fa -non ci crederete!- l'avvocato ed ha pure sposato un avvocato), tanto che c'ero ne ho approfittato per ripassarmi anche il Castello (l'agrimensore K. mi sta occhieggiando) e, ora che ci penso, mi sento un po' strano e non vorrei che domattina mi svegliassi in forma di insettone, o di blatta, o di qualcosa del genere che forse migliorerebbe un po' la mia estetica. E così non sussisteva; magari, chissà, potrà pure servire a qualcosa.

Ci sono due ultimi ringraziamenti. Il primo va a Piero Ciampi; stavo e sto tuttora traducendo in inglese una lunghissima ballata a lui dedicata, la Ballata di Piero dei Fossi di Pino Bertelli, e Piero -di sicuro- di bicchieri di vino se ne sarà fatti più d'uno anche senza il processo del Venturi. Il secondo va alla lucciola che ieri notte, mentre mi addormentavo, è entrata in casa mia e ha cominciato a volteggiarmi attorno con la sua lucina. Mi scorderò di onori e prestigi ai quali avrei attentato, ma di quella lucciola di maggio non mi scorderò mai.