sabato 4 ottobre 2014

Cervello in fuga



Per carità, figuriamoci. Nessunissima intenzione di "commentare", e men che mai di "decostruire" le stronzate di Roberto Saviano, organo ufficiale del gruppo editoriale Repubblica-L'Espresso, che stavolta ce l'ha con chi ha manifestato a Napoli contro il summit della BCE. Il link lo metto, naturalmente, casomai a qualcuno pungesse vaghezza di controllare a quale livello sia la fuga di questo italico cervello frutto di una colossale operazione di marketing oramai esauritasi da tempo dato che, come si suol dire all'angolo tra Oxford e Cambridge, non se lo incula (e da tempo) più nessuno -a parte, naturalmente, se stesso; ma comincio a dubitare seriamente che persino Roberto Saviano non legga e ascolti più le esternazioni di Roberto Saviano.

Delle ultime pontificazioni del CIF (Cervello In Fuga) Saviano, è però necessario mettere in risalto un paio di "chicche". Riassumendo assai brevemente: Saviano accusa la "sinistra radicale" napoletana di essere "vecchia", perché non si è uniformata al verbo delle "nuove rivoluzioni" (anzi, le everyday rebellions). Ci informa ovviamente del suo illuminato percorso di maturazione: "Quei volti li conosco perché da ragazzino ascoltavo le loro parole, perché credevo mi aiutassero a capire, credevo che anche grazie a loro la mia coscienza civile e politica sarebbe maturata. Presto ho capito che non è la protesta cieca a mostrare una strada, che lì si disimpara solo." E si è visto, infatti, di quanto sia diventato più maturo, quanta strada abbia fatto la sua "coscienza civile e politica" e, più che altro, che cosa abbia imparato benissimo a fare: mettersi a disposizione totale, anema e core, del principale gruppo editoriale reazionario italiano, per il quale svolge il ben remunerato mestiere di apostolo della "legalità". Oramai,  leggendolo, sembra che faccia il ministro; le stesse parole di Angelino Alfano. "Per carità, manifestare è legittimo, però..."; e giù quintali di delegittimazione (senza naturalmente fare mezza parola degli ennesimi episodi di repressione poliziesca che si sono verificati; ma per uno che, nei suoi libriccini, spende paginate per ringraziare fino le più dimenticate "forze dell'ordine", non c'è da stupirsi).

Dove vuole arrivare, Saviano? Ma è chiaro, alla delegittimazione totale espressa con meccanismi più che consueti. Prima di tutto i "ragazzini" (perché Saviano è sì giovane, ma oramai è diventato maturo e ha capito tutto, a differenza di noialtri poveri pischelli). Per mettere a posto i ragazzini, Saviano si serve delle parole di un collaboratore di giustizia, Maurizio Prestieri: «A Napoli i ragazzini di estrema sinistra compravano fumo, coca, eroina, acidi e noi con quei soldi pagavamo le campagne elettorali della destra». L'equazione, tutt'altro che sottile, è questa: il ragazzino di estrema sinistra è soltanto un drogato. Più che di delegittimazione, in questo caso parlerei di cara, vecchia criminalizzazione tanto cara ai sinceri democratici sui cui media Saviano è di casa; non si perita, come del resto non si è mai peritato, ad utilizzare i mezzi più rozzi.

Se ne vuole un altro esempio? Eccolo, fresco fresco di giornata. "E poi il cortocircuito di molti di questi capipopolo, mantenuti dalle famiglie e combattenti in strada. Li guardavo e mi dicevo: non diventerò mai come loro. Dietro le categorie di “venduto”, “commerciale” o “borghese” c’era semplicemente il livore verso chi riusciva a vivere del proprio lavoro." Quando ho letto queste righe, devo dire che la mia prima reazione è stata quella di emettere delle sonore risate liberatorie. Un fenomeno, questo Saviano. Il grande scrittore, giornalista, tuttista, perseguitato dalla Camorra e sotto scorta continua (verrebbe da parafrasare un noto inno: "Scorta, scorta di lunga durata / Scorta di polizia armata / Scorta continua sarà!") tira fuori la solita storiella dei "figli di papà", "mantenuti dalle famiglie" e pieni di livore e di invidia nei confronti dei bravi e onesti lavoratori. Ho fatto mente locale, e mi sono ricordato che una delle ultime volte che avevo sentito parole praticamente identiche, era stato da parte di un fascista fiorentino, in una delle sue tante "interrogazioni" in consiglio comunale; quasi senza cambiare una parola. E, in effetti, quella dell'antagonista "figlio di papà", sfaccendato senza né arte e né parte che gioca alla rivoluzione coi soldi della famiglia che lo mantiene, è sempre stato un cavallo di battaglia delle destre a varia gradazione di fascismo. Ci credo bene che non sia diventato come loro: si vede che, anche da ragazzino, Roberto Saviano era già Roberto Saviano. Uno che, fra le altre cose, ha tutta l'aria di essersi spaccato la schiena di fatica nella sua vita, figlio di un medico, buon liceo e laurea in filosofia.

A ripensarci bene, però, non c'è affatto da meravigliarsene date le decine di circostanze in cui Roberto Saviano si è palesato come perfetto rappresentante e voce di punta di quella destra forcaiola, giustizialista e reazionaria che trova espressione naturale nel Partito Democratico e/o in tutte quelle meravigliose "sinistre progressiste" (tipo SEL eccetera) che gli orbitano attorno ansiose di esserne inglobate e partecipare ai fulgidi avveniri della Patria spazzando via il "vecchio" (come, ad esempio, chi ancora cerca di opporsi senza il benché minimo desiderio di uniformarsi). Se si dice che Roberto Saviano è un fascista, può sembrare una definizione di comodo e dettata da ostilità preconcetta; ma è una definizione che, invece, rispecchia la realtà dei fatti tenendo conto che il "Fascismo del XXI Secolo" non è quello di quei poveri cialtroni di Forza Nuova o di Casapound, bensì quello dei "Democratici"  che hanno instaurato un regime autoritario di cui pure Saviano farà parte finché servirà; e dovrà fare maggiore attenzione a quando i suoi servigi saranno diventati inutili di quanta ne debba fare ai killer dei Casalesi.

Nonostante tutto questo, a volte viene comunque da pensare se Saviano ci faccia o ci sia; la fuga del suo cervello dev'essere oramai imprendibile. Ad esempio, quando nella sua articolessa, elencando le evreryday rebellions così tanto "belle" e "nuove", le "rivoluzioni in corso", indica, nell'ordine: Spagna, Egitto, Siria, Iran e Turchia. Mi devo essere perso qualcosa. In Spagna c'è la rivoluzione in corso? O che Saviano sarà rimasto ancora a quelle teste di minchia di Indignados con le acampadas spazzate via in mezz'ora dalla Polizia, oppure agli Occhiupài dai quali andò pure lui a New York (senza essere cacato manco di striscio), prima che anch'essi fossero sgomberati in diciotto minuti netti dalla piazzetta festosa e colorata che avevano occhiupàto? In Egitto, la "rivoluzione" è consistita nel mettere sul trono l'ennesimo generale, a furor di popolo dopo l'esperimento del "Fratello Musulmano". La Siria sarà meglio lasciarla stare; a meno che Saviano, in cuor suo, non ambisca a entrare nell'ISIS (dove, al massimo, però gli farebbero decapitare un pompelmo). Sulla "rivoluzione" in Iran, Saviano ovviamente si uniforma alla vulgata di Repubblica, abilissima scovatrice di povere donne condannate ai più atroci supplizi (Sakineh docet), adùltere lapidate, eccetera; mentre in Turchia il centro commerciale a Gezi Park lo hanno già costruito, hanno rivotato in massa per l'Erdiocàn, partecipano alla grosse Koalition contro i tagliagole e si fanno beffe delle "rivoluzioni pacifiche" di ogni giorno, tanto amate da Saviano, le quali sono talmente pacifiche da non servire, come è ovvio, a un cazzo. Everyday bullshit.

Mi fermo qui; a Saviano, alle sue bugie e ai suoi scopi ci ha già pensato fin troppo bene Paolo Persichetti in una nutrita serie di articoli su Insorgenze, che consiglierei a tutti di leggere. Roberto Saviano, lo scrittore arruolato, il Cervello in Fuga coi suoi amiconi embedded, i Fabio Fazio e i Roberto Benigni. Oggi gli hanno ordinato di lanciare i suoi strali contro la "vecchia sinistra", domani gli ordineranno qualche altra cosa. Visto che gli piacciono così tanto le "forze dell'ordine", sembra quasi di sentirlo dire: Comandi!