venerdì 20 giugno 2014

Lettera al Direttore


Egregio sig. Direttore,

Chi Le scrive è un fedele lettore della Gazzetta del Corriere (o del Corriere della Gazzetta, mi confondo sempre) fin dai tempi della prestigiosa conduzione del dr. Cilindro Marinelli, indimenticato maestro di giornalismo. Quasi cinquant'anni di quotidiana lettura delle vostre servili stronzate prezïose opinioni, che, non lo dico per piaggeria (e invece sì), hanno guidato la mia vita. Mai avevo deciso però di appalesarmi decidendomi a scriverLe una lettera; se lo faccio, oggi, è perché la sitüazione che vive questo disgraziato paese è giunta davvero ad un punto di non ritorno. Non bastassero i cotidiani segnali e fatti di sfacelo morale & civile, signor Direttore, adesso siamo infatti costretti a vivere e sperimentare una delle più terribili emergenze dovute a un popolo barbarico: l'emergenza de' Lombardi.

Nella sua lunga storia, come Lei ben sa, signor Direttore, il nostro paese è stato posto di fronte a innumerevoli neqüìzie, peripèzie, guerre e devastazïoni dovute alle orde de' più barbarici popoli; da' Visigoti a' Lanzichenecchi, dagli Spagnuoli agli Austriaci, da' Tedeschi agli Americani, da' Calciatori a' Turisti; imperciocché mi stupisco sempre alquanto, signor Direttore, quando leggo e sento parlare di invasioni a proposito di alcune periodiche masse di straccioni, quando il sacro suolo d'Italia è stato invece costantemente calpestato da interi eserciti di belve assetate di sangue. E di vere belve assetate di sangue si deve, ahimé, parlare anche nel caso de' Lombardi; i quali, non a caso, sono diretti discendenti -anche nel loro stesso nome- da quei Longobardi delle antiche istorie, gli uomini dalla longa barba che finirono poi per essere assimilati ne' secoli. Ma, evidentemente, qualcosa della loro primitiva barbarie è rimasta nel sangue de' Lombardi di oggi.

Ne fanno fede i terribili episodi avvenuti quasi a getto continüo negli ultimi giorni; oramai sono fatti che non si possono più sottacere e che necessiterebbero di una reazïone forte e decisa da parte della SS (Società Sana). L'emergenza de' Lombardi, oramai, minaccia la civile convivenza; e la voce, potente e forte, del Suo giornale, dovrebbe farsi sentire. I fatti cui siamo di fronte superano infatti ogni limite, e visto quanto a Lei e al Suo giornale sta a cuore quore la sicurezza, mi permetta di ricordarLe, seppur brevemente, questi fatti.

Si è partiti con l'ennesima strage familiare, ma stavolta con modalità particolarmente efferate e, mi permetta di dirlo, signor Direttore, tipicamente degne di una stirpe barbarica qual è quella lombarda; del resto, poiché in questo sciagurato paese è oramai invalso dire -ad esempio- che i rumeni hanno lo stupro nel DNA (o nel sangue), sarà bene ricordare anche la longobarda Rosmunda che bevve nel cranio di suo padre. Stavolta, un giovane lombardo (sembra perdutamente innamorato di una collega di lavoro che -sia detto milan nos inter nos- non lo cacava manco di striscio) ha prima accoltellato a morte la consorte dopo aver consumato con lei un amplesso sul divano, e poi si è recato nelle camerette dei pargoli dormienti (una bambina di 5 anni e un maschietto di soli 20 mesi) e ha fatto lor subire la medesima e tragica sorte della madre. Indi di poi si è fatto tranquillamente la doccia e pure un riposino (si deve capire la gran fatica che un lombardo prova dopo aver prima copulato e poi sterminato i suoi cari), ha fatto un po' di messinscena nella villetta e poi si è recato al bar a vedere la partita di pallone Enotria-Albione con commozïone e partecipazïone, esultando come un bambino ai goals di tali Marchisio e Balotelli (quest'ultimo solo abusivamente italiano, in quanto notoriamente negro). Poi è tornato a casa appositamente per scoprire la sua famiglia massacrata, naturalmente per un tentativo di rapina ad opera -chiaramente- di una banda composta da un misto di zingari, albanesi, rumeni, serbi e quant'altri. Quando il giovane lombardo è crollato e ha confessato ai Carrabbinèra il proprio exploit, già i primi vicini avevano dichiarato ai fogli di carta da culo giornali che erano state compiute numerose rapine nelle ville e già, probabilmente, si meditava la consueta fiaccolata. Ma dei vicini, signor direttore, avremo a riparlare in seguito.

Passiamo ad un altro giovane lombardo, quello oramai famoso dalle bionde ciglia nonché padre di famiglia (che fa pure la rima). In Lombardia siamo stati abituati ai Bossi, e stavolta ci abbiamo i Bossetti; sto parlando, insomma, di quel signore il cui DNA corrisponde al 99,987% a quello ritrovato sui vestiti di una povera ragazzina di tredici anni, Yara Gambirasio, prelevata, violentata e lasciata morire in un campo il 26 novembre 2011. Colpa di Yara, quella di essere una giovanissima donna; tant'è che la sua immagine entrata nella visione collettiva non è certo quella della prima comunione o comunque una normale fotografia: sempre e solo in costume o in completo da ginnastica, dove si vedono bene le sue forme fatte coniugate con l'apparecchio dentale da adolescente. Tutto quel che può eccitare gli appetiti di un tranquillo pater familias lombardo, onesto lavoratore e proprietario di una bella autovettura di marca Volvo. Dopo il paziente lavoro degli inquirenti e tutta una storiaccia di riesumazione di cadaveri e figli illegittimi, poche mattine fa qualcuno ha bussato, toc toc, alla porta di una casa di un grazïoso paesello del bergamasco e il biondo Bossetti è stato portato in gattabuja. Non prima, naturalmente, che, poco dopo il ritrovamento della sventurata ragazza, non fosse stato accusato l'extralombardo di turno, per arrestare il quale erano state scomodate persino le motovedette mentre si stava recando nel suo paese.

Che dire poi di quell'altro giovane Lombardo, tale Frigatti Davide, che sempre pochi giorni fa, nell'hinterland milanese, è sceso per strada armato di coltello sicuramente deciso a non usarlo per sbucciare mele o affettare salamini cacciatorini? E, infatti, lo ha usato per pugnalare chiunque gli si trovasse a tiro, ivi compreso il gestore di un autolavaggio di Cinysello Bälsamø che, come ci raccontano le cronache, non azionerà mai più le rotospazzole grazie alla fine di una relazione del suo accoltellatore, al rifiuto che costui aveva ricevuto da altre due fanciulle (il che dimostra, signor Direttore, che è sempre colpa delle donne, ancorché lombarde pur esse) e al più che classico conforto della religione nella quale il Frigatti Davide s'era rifugiato. Del resto, è arcinoto che quando la fidanzata ti manda al gas e/o altre signorine ti danno il due di picche, c'è sempre un qualche dio pronto all'uso; sono certo che, ad esempio, il 98% dei "buddhisti" della Soka Gakkai, quelli del namiorenghechiò, sia formato da fidanzati e mariti piantati. Sono un illuminato!, dichiarava il Frigatti; illuminato come il famoso Kabobo, suo predecessore, che alcun tempo fa diede di fuori del tutto massacrando, sempre a Milano, tre passanti. Unico piccolo particolare: il Kabobo è negro. In quanto negro, ha diritto esclusivamente al gommone (o alla carretta di mare), al CIE e ai banchetti della Lega Nord del lombardo Salvini (uno che, francamente, vedrei benissimo nei panni di papà sterminatore della famigliuola nella villetta). Assolutamente proibito, ai negri, impazzire di brutto -magari, chissà, per una vita di merda stenti-; diritto, invece, pienamente riconosciuto ai lombardi abbandonati della crüdele fidanzata e rifiutati da altre perfide donne (che, sia detto, in lui avrebbero trovato un padre e un maryto amorevole, pronto a sgozzarle alla prima occasione favorevole). Tanto è vero, che non si sono visti minimamente, nel caso del Frigatti, né banchetti leghisti, né gazebi, né appelli alla sicurezza sui giornali -tipo quelli, roboanti, che apparvero anche sul Suo in occasione del negro Kabobo).

Come ho avuto a dir prima, signor Direttore, qualche considerazione deve esser fatta, in tutti questi casi, anche sui celeberrimi vicini di casa; quelli, per farla breve, sui quali i Suoi colleghi della carta stampata e delle televisioni piombano circa due minuti e mezzo dopo i fatti per raccogliere le impressioni. Avrà notato, signor Direttore, che le risposte dei vicini sono, più o meno, sempre le stesse: Erano persone tranquillissime, una famiglia perbene, una coppia solare, eccetera, eccetera, eccetera. A questo punto, vista la frequenza quasi giornaliera di tali  episodi nelle linde villette & casette lombarde, mi chiedo se, per la sicurezza del vicinato, sia davvero opportuno averci accanto delle persone e delle famigliuole così perbene, così tranquille, così normali, così solari. Bisognerebbe anzi dire ai vicini di casa che sarebbe assai più sicuro, che so io, abitare accanto a una bella coppia di anarchici insurrezionalisti o di violenti e facinorosi ultras dell'Atalanta, oppure al centro sociale Prospero Gallinari di Parabiago. Sicuramente, tali circostanze garantirebbero assai di più che, un dato giorno, un bravo vicino o un'onesta vicina non si ritrovassero a dover dichiarare alla stampa o alla televisione la loro assoluta incredulità di fronte al paparino della porta accanto che ha massacrato tutta la famiglia.

Dopo averLe, signor Direttore, esposto brevemente i fatti, trarrò le mie conclusioni sperando che trovino adeguato accoglimento.

L'emergenza de' Lombardi è un fatto incontrovertibile. Un dato certo. Oramai si va avanti così nell'indifferenza pressoché generale, mentre questo popolo barbarico fa più vittime di Attila. In un paese che ha bisogno di sentirsi libero e sicuro come il nostro, tutto ciò è intollerabile. Coi suoi indicibili mostri, il popolo lombardo mina alla base la nostra coësione nazionale e, oltracciò, alimenta in tutti noi la coscienza di poter essere tranquillamente de' mostri uguali a loro. Anche io e Lei, signor Direttore; peraltro, so che pure Lei è lombardo e quindi, nello scriverLe, mi tocco vastamente i coglioni faccio i debiti scongiuri, non avesse a capitarmi a casa munito di una roncola e invocando Papa Giovanni.

Nella speranza che tutto ciò non accada, La inviterei calorosamente, signor Direttore, a pubblicare sul Suo e nostro giornale un'adeguata e martellante campagna mediatica volta alla cacciata de' Lombardi dal territorio nazionale; ributtiamoli su' monti e ne' laghi, o, meglio ancora, nelle desolate plaghe centroasiatiche da cui son venuti in tempi remoti! Potrebbe certamente obiettare, signor Direttore, che anche tra i Lombardi esistono persone buone e giuste; certamente, ma in casi di reale emergenza come questo, sarebbe del tutto inutile e controproducente sottilizzare e sarebbe invece opportuno adottare il sano, ancorché duro, principio osservato dal prode Simon de Montfort in occasione del massacro de' Catari di Béziers: Ammazzateli tutti, Dio riconoscerà i suoi.

Sia organizzato un rigoroso pattugliamento di tutto il territorio lombardo, un'operazione Lacus Noster o Briccum Nostrum; e, visto che ci vuole per forza l'eroica isoletta, sia a tal uopo adibito il Monte Isola nel lago d'Iseo che potrà benissimo far le veci di boreal Lampedusa con tanto di affondamento del canotto e visita del Sommo Pontefice. Sia rapidamente varata una legge per la costituzione de' CIL (Centri Identificazione Lombardi) e sia applicata con giustizia e rigore. Ai lombardi che risultino meritevoli, sia data la possibilità di lavorare e integrarsi, previo apprendimento della lingua nazionale (al primo cagare o al primo pirla, espulsione immediata). Ma è inutile, signor Direttore, che Le suggerisca altre misure; Lei sa meglio di me quali e quanti provvedimenti debbano essere adottati per far fronte a questa emergenza.

Nel dirLe questo, signor Direttore, mi pregio di salutarla con deferenza e termino questa mia missiva per improcrastinabili impegni; mi sono infatti innamorato follemente sia di una dodicenne di Inveriago, sia di una mia collega sposata con due figli, e devo urgentemente trovare dei posticini dove portare la fanciulla a mangiare un gelato e dove sistemare convenientemente la mia famiglia per la notte (eterna).

Cordialissimi saluti,

Carlo Maria Ghebbels, Lecco.