mercoledì 9 aprile 2014

Strade senza genere


Qualche sera fa, una mia giovane amica mi ha raccontato un episodio. Accaduto non direttamente a lei, ma al suo compagno.

Il suo compagno era sull'autobus, vicino a casa, sull'ora di punta. Alla guida un giovane autista della meravigliosa ATAF privatizzata; data l'ora, l'autobus era stracolmo di gente.

Ad un certo punto, ad un incrocio, una macchina ha un po' tagliato la strada all'autobus. Può essere rischioso, e in certi casi parecchio (specie quando, come accade regolarmente, la strada te la taglia proprio l'autobus, che è grosso non poco). Il bravo autista ha comunque fatto una frenatina, raccontava la mia giovane amica, senza nessun danno per i passeggeri. Qualche urto, ma nulla più.

Poi l'autista si è accorto che alla guida dell'automobile che gli aveva tagliato la strada c'era una ragazza; ed è iniziato lo show.

Ha cominciato a inveire, a voce alta, prima contro "quella troia", poi contro "quelle troie", passando al plurale generalizzante. Finita lì? Manco per sogno; quasi come un corollario, ha iniziato a dire che "dovrebbero starsene tutte a casa a fare pompini", mimando anche il gesto della fellatio (e lasciando quindi una mano dal volante). 

Prima di andare avanti è necessario far notare come, in quella breve frase accompagnata dal gesto, ci sia buona parte dell'immaginario del maschio italiano. Non occorre starci tanto a filosofare: la donna deve stare a casa (evitando quindi, ad esempio, di mettersi alla guida di un automezzo; e pensare che, a Firenze, oggi esistono parecchie donne che guidano l'autobus) e dedicarsi a succhiare il cazzo. A tale riguardo, va senz'altro notato come il pompino, nell'immaginario maschile, abbia quasi del tutto sostituito l'atto sessuale vero e proprio. Il buco femminile par excellence si è spostato decisamente più su, senza contare che -più in giù- il maschietto standard preferisce comunque il "lato B". La vagina viene quindi relegata o al famoso "amore" (quello dei lucchetti, delle scritte sui muri, delle sedicenni fatte a pezzi eccetera) o ai "figli". Troppo amorosa e materna, la fica, per andare per la maggiore. Quando si insulta una donna, o bocca o culo. Con tanto di gesti espliciti da parte dell'autista dell'autobus. La bocca e il culo sono prerogative delle "troie", vale a dire di tutte le donne che si azzardino, παραδείγματος χάριν, a guidare una macchina; figuriamoci poi quando tagliano la strada. Essendo tutte troie, devono stare a casa e fare pompini. Stop. Con diritto di precedenza.

Poiché l'autista continuava, il compagno della mia giovane conoscente si è incazzato nero.

E' andato dall'autista a dirgliene quattro e forse anche cinque, visto che lo conosco relativamente bene. E poiché l'autista persisteva, sentendosi forse investito del comando della nave, il compagno della mia amica gli ha pure detto di scendere fuori, senza problemi. La cosa è finita là; l'autista si è chetato zitto zitto, invitato caldamente a vergognarsi; deve avere, peraltro, avere avuto un'intuizione o un rigurgito di saggezza, visto che il compagno della mia giovane amica non è propriamente rassicurante come struttura fisica. 

Ma la cosa più interessante, come continuava a raccontarmi la mia giovane amica, è che l'autobus era pieno di donne, di ogni età.

Nessuna delle quali, con l'autista che seguitava a sbraitare di troie, di case e di pompini, si era sentita in dovere di dire mezza parola. Indifferenti. Come se fosse la cosa più normale di questo mondo. Ci aveva dovuto pensare, all'autista sessista, un uomo. A fargli presenti certe cose, e non soltanto a dirgli di scendere dalla nave, pardon, dall'autobus. Nel raccontarmelo, la mia giovane amica era enragée. Conoscendo bene pure lei, non ho alcun dubbio che non sarebbe stata zitta; è piccolina come un soldo di cacio, ma ha dentro sia una precisa coscienza, sia un quid di antimateria. Fondamentalmente, penso che lei l'autista non lo avrebbe nemmeno invitato a scendere, ma gli avrebbe mollato un paio di manate seduta stante. La adoro, quella ragazza.

Le altre, tutte zitte. Studentesse, lavoratrici, casalinghe. Può darsi persino che qualcuna abbia pensato che l'autista aveva ragione. Il sessismo è una cosa molto più complicata di quel che si pensi. Senza un'esatta coscienza di dove vada ad inserirsi e di quale sistema relazionale e sociale faccia parte, non è possibile farvi fronte. Per questo tutte le donne dell'autobus hanno taciuto. Tacciono sull'autobus come altrove. Magari si stupiscono pure, e non poco, di un uomo che interviene in una situazione come quella che era in corso. Oppure lo prendono per un "eroe", per una specie di "cavaliere" senza neppur lontanamente immaginare che quella persona ha fatto un percorso di coscienza e di politica ben preciso, e che per lui questa è una cosa del tutto normale e doverosa. E sono, questi, piccoli, banali episodi di vita quotidiana. Del resto, gli eventuali mutamenti si avvertono proprio in essa. Un autobus di donne che si ribellassero all'autista sessista significherebbe che è davvero cambiato qualcosa nella società; un autobus di donne che tacciono significa che non è cambiato un cazzo di nulla, e che si sta attraversando un oceano senza fine, quello dell'Apparenza.

Poi, stamani, vado al bar a prendere un caffè e ci sono tre signore che discutono. Unicuique suum; un tempo sono stato anch'io tipo da autobus, ora lo sono più da bar di quartiere e da casse del supermercato. Le tre signore sono entusiaste: quote rosa, Renzi che candida tutte donne come "capigruppo", sennonoraquàndo, lecosecàmbiano, candidate, stracandidate, donne di qui e donne di là. La donna è diventata un brand quasi infallibile. La misura dell'attenzione alle relazioni di genere è diventata questione di quote di presenze istituzionali; la cosa sembra aver fatto breccia. C'è la Boldrini, ci sono le "imprenditrici", si stabiliscono percentuali obbligatorie, e si può quindi tranquillamente continuare a tornare a casa a fare pompini. Del resto, anche con una lady della politica come la Santanché, non di rado si ricorre ai pompini (magari mentre lei inveisce contro i "finocchi"). Splendori della meravigliosa democrazia rappresentativa e della società capitalistica: buchi, pompini e poltrone. Con la Donna® sulla poltrona la coscienza è a posto, ci si sente "parte importante" e si è, finalmente, in linea con "gli altri paesi europei". Ci sono le "ministre" giovani e belline (mica come la prima di tanti anni fa, Tina Anselmi; un tempo, le rare "donne ministro" dovevano essere una specie di arcigna e attempata preside di liceo, ma nemmen tanto un tempo -si pensi alla Cancellieri...)

Il tutto senza mettere minimamente in discussione il sistema che continua a prenderti per il culo, e a ammazzarti svariate volte (come lavoratrice, come disoccupata, come oggetto sessuale, come donna in sé). Tutte felici e contente, tutte zitte sull'autobus, tutte giulive perché ci hai la "capogruppo" nel Partito Democratico. Che meraviglia. Non resta che aspettare le quote pompini. E continuare a andare per altre strade, impervie e difficili. Strade senza genere e senza quote.