lunedì 13 gennaio 2014

A proposito del presente e delle vittime.




Prima di parlare un po' del buffo signore col cappello da pescatore che si vede nella foto, bisognerà parlare brevemente del presente. Ogni tanto sento il bisogno di farlo, anche per ribadirmi in testa certe cose.

Se dovessi scegliere un aggettivo che riassuma, in una sola parola, il tempo in cui viviamo, sceglierei: ridicolo.

Un presente ridicolo non esclude naturalmente che sia, sovente, tragico, duro, sanguinoso. Che sia orrendo. E neppure che rechi in sé, comunque, dei germi, delle idee, dei percorsi, delle evoluzioni. Io credo fortemente che chiunque di noi sia chiamato a osservarlo e a parteciparvi, anche se molte volte è davvero difficilissimo.

Sono ferocemente contrario ai rifugi e a qualunque forma di chiamarsi fuori, ancorché condita con qualche bella citazione letteraria. Non amo affatto, poi, chi si diletta dell'arte della metafora insistita e scientifica. Se si sceglie di vivere e di agire nel presente, al presente ci si rapporti comunque esso sia e non se ne parli facendo finta di occuparsi di tutt'altro. Non me ne importa nulla di quel che è successo venti, quaranta, settanta o cento anni fa, e ancor meno dei fermi storia. La storia non si è fermata da nessuna parte. Se qualcuno vuole fermarla a suo piacimento, faccia pure; ma così facendo diventa un morto che parla della sua morte perché di altro, oramai, non sa parlare ed in altro non vive. Ne ho abbastanza di geremiadi sulle rivoluzioni che non ci sono state, ed anche dei "sogni", degli "slanci" e delle "illusioni" che hanno comportato. Du' coglioni più grossi di un casamento. Ci abbiamo già troppo da fare perché questo presente non crolli del tutto, perché ci garberebbe che fosse un po' meglio di com'è; e se non ve ne frega nulla, sarebbe meglio che prendeste in seria considerazione l'idea di suicidarvi. Trovate inconcludente e persino disprezzabile chi ancora non si rassegna ad accasarsi nella sua "rivoluzione" di dieci o mille anni fa, come fosse una sorta di buen retiro da dove si può (peraltro) continuare a spalare merda su tutti e su tutto profittando delle nuove tecnologie? Accomodatevi. Torno quindi a occuparmi di questo ridicolo e faticoso presente.

Si diceva di quel signore nella foto, quello col cappello da pescatore. Ecco: a mio parere quella è una figura che può essere perfettamente emblematica di questo presente ridicolo.

Qualcuno lo avrà (forse) riconosciuto: si tratta di Esposito Stefano, parlamentare del "Partito Cratico" (il "demo", che vuol dire "popolo", sarà meglio tralasciarlo definitivamente) nonché paladino della "Lotta SI-TAV".

Così esattamente, "Lotta SI-TAV", la definisce, in un'intervista, una cosa che generalmente, ancora, viene definita un "blog": L'Huffington Post.  Non è naturalmente un caso che l'Huffington Post sia collegato a tutto il maialaio Repubblica-Espresso. Sono, questi, i veri organi ufficiali del Presente Ridicolo, in questo paese. I pupazzetti tra le macerie terremotate accanto alle ultime notizie su Rihanna e Lindsay Lohan. Le coësioni di Napolitano accanto ai fantastici gol e alle papere dei portieri di Pier Luigi Pisa. Le Leopolde accanto ai niù trendz. Il degradosihurèzza accanto alle sfilate di Pitti Immagine e ai "blogger dela moda". La povera bloggeressa cubana perseguitata accanto al dramma dell'allenatore del Milan esonerato. E così via, in crescendo che avrebbero fatto impallidire Gioacchino Rossini.

Il signore col cappello da pescatore, l'Esposito Stefano insomma, oggi si lamenta, appunto, dell'orribile persecuzione di cui sarebbe stato fatto segno dai NO-TAV. Porta le mogli a partorire nelle auto blindate, così magari gli nascono bambini già blindati. Viene pedinato assieme al giornalista della "Stampa" (magari si levasse il cappellino, ché sennò lo si riconosce facilmente). Tiene famiglia e tre figli piccoli, e ha paura che que' delinquenti gli facciano la bua. Si dichiara ormai "pronto a lasciare la politica"; peccato che Mario Merola è morto, sennò lo avrebbe senz'altro ingaggiato per una sceneggiata. Il cognome, Esposito, del resto ci starebbe a meraviglia, sebbene il tizio in questione sia nato a Moncalieri.

Insomma, la più tipica vittima della premiata ditta Repubblica-Espresso-Huffington Post; strano che non abbiano già creato un'Associazione dei Parenti delle Vittime dei NO-TAV. Esposito Stefano assieme alle famiglie dei circa diecimila poliziotti rimasti seriamente feriti durante gli scontri in Valsusa. Ottenere giustizia. Chissà che, prima o poi, non si decidano a crearsi il morto per poter scatenare ancora più repressione armata in un territorio più militarizzato dell'Afghanistan; sinceramente me lo aspetto da un bel po', il Raciti della Valsusa. Sacrificare uno dei loro potrebbe rivelarsi molto efficace, va da sé.

A questo punto, la scaletta prevedrebbe un'attacco di paragrafo del tipo: "Qualcuno vada a spiegare a Esposito che..."; ma sarebbe inutile. Esposito Stefano lo sa benissimo come vanno le cose, dato che ne è interprete e strumento obbediente. In fondo, non c'è bisogno di nessun Mario Merola: la sceneggiata è già in corso da anni, e l'Esposito agisce esattamente come un personaggio di Febbre d'amore o roba del genere. 

E' quindi superfluo che si spieghi a Esposito Stefano che cosa sia accaduto e continui ad accadere in Valsusa. Raccontargli delle decine e decine di persone sbattute in galera dallo staff giudiziario della Sceneggiata (o Telenovela), dai Caselli, dai Padalino, dai Rinaudo (stesso cognome del furfante che ha azzoppato Giuseppe Rossi, mi piace far notare). Dirgli a quali potentati, a quali mafie, a quali interessi stia prestando la sua faccia e il suo cappellino da Sanpei. Dirgli che il suo amico giornalista e co-perseguitato lavora pur sempre per la stampa del Padrone (il quale, ovviamente, ci ha bene le mani in pasta nell'affare). Ma ci sarebbe davvero bisogno di dirglielo? Se ce ne fosse davvero bisogno, significherebbe che il presente è un po' meno ridicolo; non è così. Il presente resta ridicolo e nutre gli Esposito Stefano ed altri come lui. Nutre i "vertici" tra fulgidi progressisti come Letta e lo sciupafemmine Hollande (come faccia a sciuparle con quella faccia, rimane un mistero di fronte al quale quelli di Fatima e dell'UFO del Nuovo Messico sono barzellette). Nutre i cantieri trasformati in fortilizi inespugnabili. Nutre queste e decine di altre cose che dovrebbero essere ben note a tutti.

In questo ridicolo presente, il copione prevede che si trasformi in vittima uno come Esposito Stefano. Mentre tutto il movimento NO-TAV è stato sottoposto a una repressione la cui violenza e spietatezza non ha praticamente l'eguale, questi qui ancora si dilettano di affidare a figurine come questa dei ruoli "emozionali", facendogli persino fare il "magnanimo" che effettua dei distinguo tra i NO-TAV "buoni" e i "delinquenti" (una tattica dettata e già sperimentata a dovere dal democratico & eroico Caselli). Poi interviene la grancassa di "Repubblica" & similia, et voilà. Ma figuriamoci; questi qui, a un certo punto, hanno fatto intervenire persino il grande scienziato Odifreddi, ve lo immaginate se si fermano davanti a qualcosa. 

Verrebbe voglia dire (o mandare a dire) a Esposito Stefano: "Bravo! Ma lasciala, 'sta politica brutta e cattiva! Goditi i tuoi figli piccoli, fai fare a tua moglie bambini non più blindati, vai a pescare e a fare passeggiate tranquille ai giardini col tuo amico giornalista!"; ma sarebbe un'occasione troppo ghiotta per le grancasse. Ci stanno provando in tutti i modi a creare le vittime, e l'Esposito Stefano è una delle più facili; naturalmente, non ci sarebbe da stupirsi che per la sua persecuzione ben presto finiscano in galera altre persone a cura dello staff giudiziario. Se l'Esposito si ritirasse a vita privata, crudelmente messo fuori causa dai NO-TAV pedinatori (che dispongono, evidentemente, di un servizio di intelligence pari a quello della CIA). Mi chiedo a questo punto come mai, in questo paese dove si danno le scorte persino a Nello Rega, ancora non sia stato protetto in armi l'Esposito Stefano in chiarissimo pericolo di vita, nonché blindatore di consorti partorienti. Magari sarebbe l'ora di mettere su una bella petizione su Avaaz: "Date la scorta a Stefano Esposito e portate sua moglie a partorire su una Mehari del '78".


E così va. Esposito Stefano è stanco. Mettono le molotov davanti al suo appartamento, magari (chissà) quelle riciclate della scuola Diaz. Sanno la targa della macchina di sua moglie, ottima occasione per proporre finalmente l'abolizione delle targhe automobilistiche.  Sanno l'indirizzo e il numero di telefono del giornalista: o come avranno fatto, 'sti maledetti NO-TAV? Che ci avranno percaso, che so io, qualche aggancio nella Polizia?... Oppure avranno messo su a Bussoleno una centrale di spionaggio diretta da un non meglio precisato Giacomo Bondi, dallo spiccato accento britannico...?

Ma sarà meglio finirla qui; non vorrei ritrovarmi io, del resto, ad essere pedinato e messo sotto controllo da gente che lo fa professionalmente. Sono ragionevolmente certo che l'Huffington Post non mi farebbe nessuna intervista, ma comunque l'indirizzo e il numero di telefono sono pubblicamente espos(i)ti in casapàgina. La targa della mia macchina è: FI H09747. Non è blindata ma non vi consiglierei di farvi tamponare da un tamburlano del genere. La molotov è inutile: ce l'ho già, raffigurata fuori dalla porta di casa su un fazzoletto che era rosso e si è ormai sbiadito, con la scritta "CARPE DIEM". Non ho mogli da far partorire né amici giornalisti, per mia grande fortuna. All'Esposito Stefano augurerei, prima di morire in tardissima età e nel suo letto, contornato dall'affetto di figli e nipoti, di ripensare a chi si è servito di lui, in giorni lontani, per ammazzare un territorio. Un intero, insignificante territorio popolato da ancor più insignificanti persone. E, magari, di ripensare a quello che allora sarà un ridicolo passato, ovvero al nostro ridicolo presente di cui cerco di continuare a parlare.