martedì 26 novembre 2013

Cavarsi un dente



È successa una strana cosa, pochi minuti fa. Talmente comune che ho voglia di raccontarla.

Ieri sera mi sono levato un dente. Non metaforicamente (“via, leviamoci 'sto dente”): mi è toccato proprio andare dal dentista a farmi cavare l'ennesimo merdamolare, o come accidenti si chiama. Da un paio di giorni mi stava facendo vedere i sorci verdi. Inutile starci tanto a pensare, ballava che sembrava Fred Astaire e, perdipiù, accanto non aveva oramai nessuna Ginger Rogers. Nel senso che, in alto a sinistra, era l'ultimo rimasto. Dai denti si ha la percezione esatta del tempo che è passato; si comincia inesorabilmente a sdentarsi, ed è bene pigliarne atto senza mettere in campo tante filosofie a bischero.

Così, dopo quattro punture di anestesia, la cavatina non propriamente rossiniana, i punti e i regolari scaracchi di sangue, eccomi con le consuete raccomandazioni dell'odontojatra: l'antibiotico, l'antidolorifico e mangiare roba fredda. Raccomandazioni particolarmente solenni, stavolta: il fatto è che c'era pure mia madre. Siccome il dentista è a cinquanta metri da casa sua, e anche lei doveva farsi fare o dire delle cose, è stata lì con me a vedermi cavare il dente. Come quando avevo sei anni e mi toccò andare a farmi levare un dente di latte che, sembra, ci aveva di già le barbe e che mi fu cavato senza anestesia perché a quell'età, dicevano, faceva male. Non lo so se faceva male l'anestesia; però di quel che ho patito me ne ricordo ancora a 44 anni di distanza.

Forse, fino a qualche tempo fa, avrei detto a mia madre di restarsene in sala d'aspetto per un quarto d'ora. Dal dentista si è piuttosto nudi, c'è un signore che ti mette mani e arnesi in bocca e ti leva pur sempre una parte di te. Una parte che ha masticato, che ha digrignato, che si è beccata germi e baci, che infine è mezza marcita per tutta una serie di cose che vanno dall'incuria all'usura del tempo. Alla fine, zàc, una pinza e finisce nella spazzatura. In fondo, è un anticipo di quel che accadrà prima o poi con tutto te stesso. Niente di straordinario.

Ieri sera, invece, niente di tutto questo. Non ho chiesto niente a mia madre. E' restata là a guardarmi mentre il dentista mi cavava il dente, e mi ha fatto persino piacere. Come se fosse, chissà, l'ultima volta o qualcosa del genere. Un figlio di cinquant'anni e una madre di ottanta; due vite, una quasi alla fine e un'altra che ha scollinato. E così, dopo una mezz'ora, eccomi per la strada coperto con una sciarpa per non prendere freddo, ma con la prospettiva di dover mangiare roba fredda. Stranezze dei denti cavati.

Poi me ne sono andato in un dato posto; ma, dopo un po', l'effetto dell'anestesia è passato e i punti hanno cominciato a tirare. In breve, sono dovuto tornare a casa e affidarmi a babbo Nimesulide; ho preso l'antidolorifico, mi sono cacciato in testa il “collo” a mo' di berrettone, e mi sono messo a fare non so cosa. Nemmeno alle dieci ero già a letto, imbacuccato come un novantenne e con una bella grammatica swahili da leggere. Le grammatiche swahili in italiano sono state tutte scritte da missionari, non si scampa; bisogna passarci sopra per godere appieno della fantastica struttura delle lingue bantu. Nelle lingue bantu si procede cambiando non la fine, ma l'inizio delle parole. I sostantivi sono divisi in “classi” a seconda del prefisso con cui iniziano; per fare il plurale, ad esempio, si cambia il prefisso iniziale. Mtu “uomo” diventa watu “uomini”; oppure kitu “cosa” diventa vitu “cose”. Gli stessi prefissi si applicano poi a aggettivi e verbi: così mtu mzuri “bell'uomo”, watu wazuri “begli uomini”, vitu vizuri “belle cose”, watu wazuri wanapenda vitu vizuri “gli uomini belli amano le cose belle”, e così via. Ed è arrivato il sonno, presto, il telefonino e la confezione del Carvasin sublinguale accanto e la storiella di Abunuwas in swahili, che si ripete in tutte le grammatiche.

C'era un povero che passava mentre un ricco arrostiva una capra; avendo solo un pezzo di pane, se lo era mangiato annusando il profumo della capra che veniva arrostita. Il ricco, che aveva mangiato una capra insipida, lo aveva accusato davanti a Harun Rashid di avergli rubato il sapore della capra, e il sultano aveva condannato il povero a pagare dodici rupie. Il povero, disperato, aveva incontrato Abunuwas, che gli aveva regalato le dodici rupie dicendo di andare a pagare, ma di aspettare che arrivasse prima di farlo. Così era andata: il povero era andato da Harun Rashid assieme al ricco, ed era arrivato Abunuwas.

Costui, prima che il povero pagasse, si era fatto ridare le rupie e le aveva gettate per terra; aveva detto poi al ricco: “Visto che quest'uomo ti ha preso il profumo della capra senza mangiarla, tu prenditi il suono delle rupie”; e Harun Rashid, che pure era noto per il favoritismo nei confronti dei ricchi, aveva dato ragione al povero. La storia finisce con Abunuwas che dona definitivamente il denaro al povero. La conosco da trent'anni, questa storia. Era già nella grammatica swahili di Vittorio Merlo Pick, altro missionario; il bello è che, a un certo punto della mia vita, ho conosciuto un Vittorio Merlo. Senza Pick. Sta in Lussemburgo, ha una caterva di figlioli e scrive canzoni. E' arrivato il buio di una notte fredda, e senza nessuna solitudine artificiale. La grammatica swahili lì accanto, con le sue classi e i suoi prefissi.

Come sempre quando mi addormento troppo presto, alle tre di notte ero sveglio; e lo sono tuttora, a più delle sette, e con una pallida luce che comincia a filtrare.

Il letto è disfatto, la grammatica swahili la ho rimessa meticolosamente al suo posto e chissà quando la ritirerò fuori. Mi potrebbe venire la voglia, chissà, di tirare fuori il mio dizionario swahili-russo pubblicato a Mosca nel 1961. O quello swahili-francese regalatomi da un prete congolese. O quello, in due volumi, swahili-inglese e inglese-swahili fregato non mi ricordo quando e non mi ricordo dove. Mi sono avviato verso la porta senza fumare. Col dente appena cavato non si può fumare, e stranamente mi sono attenuto alla regola.

Faceva un freddo cane, là fuori. E non mi dava noia.

Chissà che doveva essere successo. Di solito, quando comincia a fare freddo sul serio, non sto bene. Non lo sopporto, il freddo; se ripenso a tutte le fregole sul “grande Nord” che avevo da ragazzo, mi sento morire. Prima, per due minuti, ho accettato il freddo e mi sono ritrovato pure a respirarlo, nel mezzo della notte, guardando un punto che non c'era e ringraziando, prosaicamente, il Nimesulide che funzionava. Contentandomi di questo con delle classi swahili in testa, Abunuwas e la capra, e l'impercettibile bellezza di essere vivo a dispetto di tutto.

Avevo detto all'inizio che era una strana cosa; ma, forse, non è strana per nulla. Si piglia il tempo come viene, persino col suo freddo. Si getta un ponte a quel che sia, e si prova a vedere nel buio di una notte di novembre; con addosso un berrettone di lana, senza un dente e facendo, senza nemmeno accorgersene, un sorriso a metà tra la beffa e l'incoscienza.

venerdì 22 novembre 2013

La rivendicazione per l'eliminazione dei due nazisti di Alba Dorata da parte delle Forze Combattenti Popolari Rivoluzionarie. 2° Capitolo (2a parte).


La memoria di classe: l' "attrezzo ginnico per la rivoluzione sociale (2/2)

Come ha dimostrato la recente storia greca, l'esistenza di meccanismi parastatali e l' “amabile” collaborazione con lo Stato e con la polizia è un fatto appurato. Dai “Chites” a quelli del “Battaglione di Sicurezza”, dai Manganàsi ai Sourlis e a Papadongonas, da tutti quelli che hanno ammazzato comunisti e combattenti della Resistenza Greca davanti agli occhi delle forze armate e in collaborazione con le forze armate, dai Maydes”ii della guerra civile che stupravano e decapitavano partigiani già morti dietro compenso, fino agli assassini di Lambrakisiii per arrivare ai giorni nostri, all'EPENiv , a Voridisv che si presentò con un'ascia alla facoltà di chimica nel 1985, ai “Centauri & Rangers” di Nuova Democrazia, agli assassini di Temboneras (Kalambokas, Spinos e Marangòs) a Patrasso nel 1991vi e agli albadoristi accoltellatori e assassini come Roupakiàs, lo Stato e specialmente la polizia ha sempre sostenuto e protetto questi schifosi in quanto li utilizzava come riserva contro il nemico “esterno”. Assai semplicemente, il “kypatzìs”vii Michaloliakos si è sempre trovato a disposizione dello Stato nelle sue componenti profonde.

Sbirri e fascisti sono i mastini del capitale. La repubblica parlamentare borghese e il fascismo sono due facce della stessa medaglia, vale a dire forme diverse di influenza del sistema capitalista. Lo Stato e il capitale generano il fascismo, come recita un vecchio slogan anarchico greco. Lo dimostrano tutti i riferimenti storici a partire dal periodo tra le due guerre fino alle rovine lasciate dalla 2a guerra mondiale, e tutte le analisi storiche sul nazismo hitleriano, sul fascismo mussoliniano in Italia e sul franchismo in Spagna, ed anche sulla nostra storia, quella del fascismo greco. Per questo motivo, anche l'approccio rivoluzionario alla Storia è un patrimonio importante per il movimento rivoluzionario.

La memoria di classe è un'arma nelle mani degli strati popolari. È il patrimonio che si irride della falsificazione storica, la caratteristica che non permette che si infiltrino sempre più profondamente l'errore, i dubbi creati ad arte e la propaganda ideologica. E si tratta, d'altronde, del punto fermo che questo mondo contrappone agli orrori dello strangolamento economico e della repressione da parte dello Stato. La memoria di classe non è la memoria di un pesciolino rosso in una palla di vetro trasparente, per fargli mangiare quel che gli danno e riprodurre la retorica del potere. La memoria di classe è quella che ci insegna che il capitalismo si è sempre servito di quel che voleva per soddisfare i suoi appetiti, ora la democrazia e ora il fascismo. La memoria di classe ci dice che ogniqualvolta i fascisti sono stati colpiti “con i mezzi e negli ambiti della democrazia”, si sono ripresi in breve tempo. Dai nazisti nella Repubblica Federale di Germania del dopoguerra fino alla Grecia, dal picchiatore Gontzamanisviii fino al torturatore-capo della Giunta, Malliosix, ogni tipo di potere ha fornito loro non soltanto immunità, ma anche cariche statali.

D'altra parte, bisognerà mettere l'accento anche sulla palude teorica di coloro che possiedono sì la memoria di classe, ma che si distanziano stabilmente dalla guerra di classe. La conoscenza storica si trasforma molte volte in un'àncora. Chi si opponex trasforma la memoria di classe in un peso, si riferisce eccessivamente al passato facendo rotta verso l'ieri e senza attualizzare la lotta al presente. Anche per questo, la sinistra opportunistica (e non solo essa) rimane attaccata a sterili denunce. La teoria senza pratica sono parole al vento. La coscienza di classe esiste, acquisisce la consistenza che le si confà e si incarna nell'agire di propria iniziativa, nella complicità e nel coinvolgimento attivo nel redigere su carta un programma di cambiamentoxi fino alla sua realizzazione pratica. Altrimenti puoi restare stoicamente a osservare mentre ti annientano.

Dunque, se bisogna ridirlo, che lo si ridica. Gli sbirri e i fascisti sono i mastini del capitale. La repubblica parlamentare borghese e il fascismo sono due facce della stessa medaglia, ovvero del sistema capitalista.

I fascisti, sia come tali, sia come nazionalsocialisti, sia come nazionalisti greci, non sono mai andati via dalla Grecia. A partire dalla “dittatura del 4 agosto” di Metaxàs, dai collaborazionisti coi nazisti, dai “Chites”, dalle milizie al servizio dei tedeschi e dagli informatori durante l'Occupazione e la Resistenza dell'EAM-ELAS, dal napalm americano usato per reprimere e annientare l'epopea dell'Esercito Democratico, dal plotone di esecuzione, dalle persecuzioni alle isole desertexii, fino a arrivare ai Gontzamanis che godevano di impunità anche prima della giunta dei Colonnelli e che ricevettero durante essa cariche ufficiali; dalle “mele marce” della Giuntaxiii fino al “cambio di guardia” del regimexiv, fino ad arrivare alla Metapolitefsixv; dall'EPEN fino al suo uso come “forza di riserva” e fino all'attuale Alba Dorata in questo periodo di crisi economica, i fascisti sono stati sempre qui. Non si tratta di un fenomeno passeggero, non è un illusorio fuoco d'artificio; e la memoria di classe è illuminante per capire quali tattiche debbano essere adottate, quali opportunità debbano essere colte e quali riflessioni debbano essere fatte sulla natura profonda del fascismo.

Al tempo stesso, a mo' di aggiunta e di fronte all'attuale politica di destabilizzazione da parte del sistema, la propaganda -degna di un Goebbels- del Ministero dell'Interno rigurgita regolarmente di informazioni sul pericolo di un colpo di stato. Dal generale Frangos Frangoulisxvi e dalle oscure e sotterranee conventicole di cospiratori fino alla presa diretta del potere da parte di Alba Dorata, tutta quest'abbondanza di notizie sul golpe rafforza il potere e ne ripulisce la faccia. La memoria di classe ci dice invece che la messa in opera di uno stato totalitario non si ottiene sempre mediante una presa di potere immediata o un'azione improvvisa, come sappiamo dalla scelta che il potere compie tra la restaurazione e il colpo di stato militare.

La memoria di classe del movimento radicalexvii, e lo diciamo seppure in forma condensata o solo accennata, è uno dei fondamenti della formazione politico-militare, dell'organizzazione e della controffensiva del proletariato rivoluzionarioxviii. Attualizzata all'oggi, contribuisce come “attrezzo ginnico”xix per gli esercizi di rivoluzione che anticiperanno opportunamente la realistica guerra di classe per il completo rovesciamento del sistema capitalista in Grecia. Per la controffensiva di classe nel Paese e in tutti gli altri paesi europei. Per l'attacco decisivo da sferrare al capitale straniero e interno, allo Stato e al suo parastato fascista. Per l'abbattimento della repubblica borghese e della dittatura economica dei mercati di cui è al servizio.

Note al 2° Capitolo (2a parte)

i Vangelis Manganàs guidò nel 1946 nel Peloponneso un colpo di mano monarchico nella regione controllata in gran parte dalle forze comuniste dell'EAM-ELAS, durante la guerra civile greca. (ndt)
ii Ovvero i membri delle MAY, Monades Asfalias Ypaithrou Unità di Sicurezza Rurale”, altra milizia parafascista durante la guerra civile greca. (ndt)
iii Il deputato pacifista che fu assassinato nel 1962 a Salonicco dalla destra fascista. Vicenda narrata nel film di Costa-Gavras “Z – L'orgia del potere”. (ndt)
iv L'EPEN (Ethniki Politiki Enosis “Unione Politica Nazionale”) è il partito nazionalista di estrema destra fondato nel 1984 dall'ex dittatore Georgios Papadopoulos. Si considerava il corrispondente greco del “Front National” di Le Pen, e ne aveva adottato il simbolo a sua volta ripreso dal MSI italiano (la “fiamma che arde” coi colori nazionali). Si sciolse nel 1996 dopo avere ottenuto un misero 0,24% alle elezioni politiche, ma era arrivato al 2,3% e a un deputato al parlamento europeo. I suoi membri sono confluiti generalmente in Alba Dorata. (ndt)
v Mavroudis (Makis) Voridis, avvocato, nato nel 1964, è stato leader studentesco fascista prima di fondare, nel 1994, il “Fronte Ellenico” con il quale si è candidato (con scarso successo) alla poltrona di sindaco di Atene; il suo slogan elettorale era “cartellino rosso agli immigrati”. Il Fronte Ellenico si è sciolto nel 2005 confluendo nell'allora in voga LAOS (vedi nota xiii nella versione complessiva / nota ii di 2/1 nella versione su blog); Voridis è stato eletto deputato nel 2007. Nel novembre 2011 Voridis è stato nominato ministro per le infrastrutture e trasporti nel governo “tecnico” di Loukas Papadimos (nei media europei chiamato “Lucas Papademos”); a seguito di ciò, è stato espulso dal LAOS ed è entrato in Nuova Democrazia. Si definisce attualmente un “liberaldemocratico nazionalista”. (ndt)
vi Temboneras era un insegnante di matematica ucciso nel 1991 a Patrasso da esponenti fascisti locali durante uno sciopero. Dei tre assassini, Kalambokas è ora un esponente di spicco di Alba Dorata (ndt)
vii Con questo termine si indica in Grecia chiunque lavori a vario titolo coi servizi segreti (KYP = Kratikì Ypiresia Pliroforiòn “Servizio Statale di Informazioni”). (ndt)
viii Non sono qui riuscito a reperire notizie certe su questa figura. (ndt)
ix Evangelos Mallios era un poliziotto accusato di avere torturato numerosissimi prigionieri durante gli anni della dittatura. Ai suoi funerali partecipò vistosamente Michaloliakos, il leader di Alba Dorata. (ndt)
x Il termine qui usato nell'originale (οι αντιστεκóμενοι) significa genericamente “gli oppositori” e può riferirsi agli oppositori parlamentari ma anche genericamente a quelli che da noi si chiamano, e spesso si autodefiniscono, “resistenti”. (ndt)
xi Qui si ha un tipico caso di traduzione forzatamente controversa, di cui il traduttore deve rendere conto prendendo una posizione. Il termine ανατρεπτικός dell'originale significa “sovversivo”, “eversivo”; nella prima sfumatura è usato anche da chi si ritiene un sovversivo, nella seconda -come in italiano- ha un uso più amato dalla magistratura e dalla polizia (si vedano le “trame eversive” ecc.). Poiché ritengo questo documento una rivendicazione di un atto politico, niente più e niente meno, mi astengo dal tradurre con aggettivi che sembrano fatti apposta per “far pensare” e mi attengo alla sua etimologia (ανα-τρέπω “rovesciare; rivoltare”). Traduco “cambiamento” anche se ugualmente accettabili potrebbero essere “rovesciamento” e, soprattutto, “rivolta”. (ndt)
xii Il riferimento, automatico per i greci, è alle isole disabitate e aride dell'Egeo (come le tristemente note Makronissos e Leros) dove erano impiantati i lager sin dalla fine degli anni '40, ripristinati dalla giunta dei Colonnelli. (ndt)
xiii Forzato adattamento della traduzione: quelle che in italiano sono le “mele marce” in greco sono “goccioline” (σταγονίδια), in riferimento alle goccioline di umido che fuoriescono dal formaggio andato a male. In italiano, ovviamente, tradurre alla lettera non avrebbe avuto senso. (ndt)
xiv La “svolta liberale” di Papadopoulos che alleggerì il regime nel 1970/71 anche per l'attività di protesta internazionale e l'isolamento in cui era stata messa la Grecia. Tale “svolta” ebbe fine agli inizi del 1973 quando Papadopoulos fu deposto e incarcerato, e sostituito dai “duri” del regime (Ioannidis e Makarezos in primis) che procedettero nel novembre del '73 alla sanguinosa repressione della rivolta del Politecnico e, poi, alla disastrosa impresa cipriota che segnò la fine della Giunta. (ndt)
xv Con tale termine (μεταπολιτεύση, alla lettera “trasformazione politica”) si indica il periodo immediatamente successivo alla caduta della Giunta, quello del governo Karamanlìs; in italiano è variamente reso (“degiuntizzazione”, “cambio di regime”, “intervallo democratico”, “periodo di adattamento democratico” eccetera, ma ne ho trovate di tutte e ho preferito lasciare in greco). (ndt)
xvi Il generale Frangos Frangoulis (anche la Grecia sembra avere il suo “generale Franco”: Frangos corrisponde esattamente a “Franco”), nato nel 1951, è Generale di Stato Maggiore dell'esercito Ellenico nonché attuale Ministro della Difesa nel governo Samaràs (si confronti, in Italia, il generale Di Paola che è stato ministro nella difesa nel governo “tecnico” di Mario Monti) (ndt)
xvii Il termine qui usato, ριζοσπαστικός, non ha in realtà nulla a che vedere con quello italiano, né con la cosiddetta “sinistra radicale” né, ovviamente, coi “radicali” liberalborghesi di Pannella & co. “Radicale”, in greco, è reso alla lettera con “strappatore di radici” (rizo-spastikos) e indica un cambiamento totale del tipo di società. Si avvicina quindi molto a “rivoluzionario”, termine con cui sarei stato tentato di tradurre ma che ho evitato per non confonderlo con il termine “rivoluzionario” proprio (epanastatikòs). L'avvertenza è però doverosa e attiene alla celebre kyriolexìa (“proprietà di linguaggio”, o “letteralità concreta”) della lingua greca. (ndt)
xviii Qui viene usato il termine “rivoluzionario” in senso proprio (epanastatikòs) (v. nota precedente) (ndt).
xix Lo sviluppo concettuale del documento mi ha fatto qui modificare il titolo di questo capitolo già pubblicato su blog. Avevo tradotto alla lettera “cavallina” (l' εφαλτήριο è propriamente il “cavallo con maniglie”) ma poi ho preferito tradurre con “attrezzo ginnico”. (ndt)

La rivendicazione per l'eliminazione dei due nazisti di Alba Dorata da parte delle Forze Combattenti Popolari Rivoluzionarie. 2° Capitolo (1a parte).



La Memoria di classe: l' “attrezzo ginnico” per la rivoluzione sociale (2/1) 

Nel settembre del 2013 i sondaggi fatti a domande preparate e a risposte predefinite mostrano Alba Dorata in costante ascesa fino a raggiungere la terza posizione. Il dibattito televisivo riporta le operazioni in corso e preannuncia una eventuale sinergia per un governo di coalizione tra N.D. e Alba Dorata. 

Anche se lo desidererebbe, Alba Dorata non può “mettere la testa a posto”. Ha i cattivi modelli del fascismo militarista tradizionale nel proprio DNA, inalterati. Per loro, la violenza non è un metodo di lavoro, ma è fine a se stessa. Vedendo crescere la sua influenza “antisistema”, Alba Dorata è diventata sempre più sfacciata e ha scelto di cambiare strada. Agli inizi di settembre, a Perama, [A.D.] aggredisce i sindacalisti del PAMEi mentre questi ultimi stanno negoziando il contratto di lavoro coi “suoi” armatori. La polizia resta in disparte, cosa alquanto strana se si considera che il 50% di loro li vota e, come è stato più tardi dimostrato, ne sono pure membri. Già dal giorno successivo, gli Albadoristi vengono ingaggiati sui posti di lavoro del distretto cantieristico. Pochi giorni dopo, l'aggressione di Perama sembra come preannunciare lo show militarista che realizzeranno su un terreno puramente loro appartenente, vale a dire al cimitero dei loro progenitori e camerati politici delle SS. A Pigada di Meligalàs si ritrova tutta la razzumaglia dello stato e del parastato fascista (sarebbe stata un'occasione meravigliosa per riempire di nuovo il cimitero!). Eccitato dalla rabbia, il can pastore addomesticato morde allora la mano al padrone: si mette a pestare i suoi simili monarchici e nostalgici della Giunta, i nipotini dei Colonnelli e anche i presenti che votano Nuova Democrazia e LAOS.ii Non esiste quindi più alcun argine visibile alla realizzazione della loro tattica politica, vale a dire annientareiii l'avversario politico o il nemico razziale.

Nell'ultimo periodo, cioè da quando Alba Dorata è entrata in Consiglio Comunale [a Atene] alle elezioni del 2012, sono aumentati esponenzialmente gli episodi di violenza razzista da parte di suoi membri. Sono aumentati anche i pestaggi e gli omicidi, accompagnati anche da furti e rapine nei confronti di poveri immigrati lavoratori. In moltissimi casi si sono presentati come agenti di polizia per controllare i documenti e i permessi di soggiorno degli immigrati. In alcuni casi hanno agito sostituendosi alla polizia, da questa pienamente tollerati, per controllare i documenti di piccoli commercianti e venditori stranieri o per fare indagini su eventuale lavoro nero, come all'ospedale di Kalamata dove hanno controllato lavoratori stranieri.

Ecco i principali episodi della loro attività “patriottica” e “di spirito ellenico” avvenuti negli ultimi tempi: Pestaggio di un egiziano al Pireo il 3 gennaio 2013 da parte di 3 persone con distintivi di A.D. Irruzione, il 25 gennaio, di 7 fascisti muniti di bastoni, manganelli e coltelli in casa di un immigrato pakistano a Peristeri, dove hanno rubato un computer portatile, un telefono cellulare e 40 euro. Aggressione avvenuta il 14 febbraio a Ierapetra (Creta) da parte di 7 membri di A.D. nei confronti di 3 pakistani. Assassinio dell'immigrato pakistano Shehzad Luqman a Petralonaiv mentre andava al lavoro. Il 31 marzo, aggressione da parte di 6 fascisti nei confronti di 3 immigrati a Atene. Il 10 maggio a Chanià, dei neonazisti incendiano alcune case dove vivono Rom – Kasidiarisv aveva definito i Rom “spazzatura umana”. Il 12 maggio, ancora a Chanià, 3 marocchini vengono bastonati al Porto Vecchio. Il 13 maggio, a Atene, un 15enne afghano viene aggredito da neonazisti che lo feriscono al volto con una bottiglia rotta. Il 25 maggio, a Salonicco, un immigrato del Rwanda viene accoltellato da due persone sopraggiunte in macchina, mentre lo stesso giorno un iracheno viene aggredito da una squadraccia fascista all' Università Aristotelica di Salonicco. Il 1° giugno, a Pangrati, due persone salgono sull'autobus linea 732 e iniziano a pestare immigrati africani urlando “O prendetevele ora!”vi Il 2 giugno a Egaleo, una squadraccia di 12-13 fascisti assalta alcune case di immigrati. Il 12 luglio, 4 pakistani ricevono la “visita” di 4 persone che si presentano come agenti di polizia; quando i pakistani cominciano a protestare dato che hanno documenti legali, quelli che sono entrati cominciano a pestarli gridando di essere di Alba Dorata. Lo stesso avviene a Tavros il 21 luglio, quando 6 persone, fingendo di essere poliziotti, entrano in casa di alcuni immigrati per controllare i loro documenti per poi cominciare a pestarli gridando di essere di Alba Dorata e, contemporaneamente, rubando loro i portafogli, i documenti di identità, i permessi di soggiorno e di lavoro e oggetti domestici. In molti casi, la polizia cerca di impedire agli immigrati di presentare denuncia, in altri arresta addirittura gli immigrati privi di permesso di soggiorno (perché glielo hanno rubato) e copre i fascisti. Nel 2012 sono avvenuti 154 episodi di violenza razzista da parte di membri di Alba Dorata ed altri fascisti. Non dimentichiamo il grave pestaggio ai danni di alcuni lavoratori egiziani avvenuto al porto peschereccio di Keratsini, così come il pogrom e l'assassinio di un immigrato a Patisia nel 2011, dopo l'uccisione di Kandaris da parte di un afghano:vii per gli schifosi di Alba Dorata, gli immigrati sono responsabili collettivamente degli episodi di delinquenza. Delinquenza che, naturalmente, in ogni parte del mondo non ha alcuna connotazione razziale ma che è nutrita dal capitalismo, che ne è un suo prodotto, conseguenza dell'emarginazione e della povertà. Non dobbiamo misconoscere che diversi immigrati sono stati implicati in crimini, ma le canaglie razziste di Alba Dorata girano gli occhi dall'altra parte davanti ai crimini commessi da greci, come nel caso dell'assassino di Xanthi, che ha ammazzato una giovane donna già recidivo per stupro, oppure il “Supergreco” di Rethymnon che, sfruttando il fatto di essere allenatore di calcio, ha approfittato di alcuni ragazzini sul terreno di gioco. Non hanno mancato di sostenere in tribunale il padre e il figlio che, assieme a un loro amico, avevano sequestrato un dipendente egiziano che lavorava alla loro panetteria di Salamina, e che era venuto a reclamare il salario dovuto. Lo hanno legato e torturato per ore, non tralasciando di sodomizzarlo con un oggetto. Ecco l'attività “patriottica” delle canaglie di Alba Dorata, della quale le due “vittime innocenti” di Neo Iraklio “non sapevano nulla”, come ha detto il genitore di uno dei due. “Non era fascista”!! Il “ragazzo” non sapeva a quale organizzazione apparteneva! Nella zona Nord di Atene, dove stavano le vittime “innocenti”, i “Greci di spirito” di Alba Dorata avevano, tra gli altri, aggredito (a Metamorfosi) un barbiere pakistano nel suo negozio, accoltellando lui e un cliente greco, e dando in seguito fuoco al locale. In un altro caso, avevano aggredito un pakistano vicino allo stabilimento FAGEviii, sempre a Metamorfosi e mentre venivano aggrediti altri immigrati a Lykovrisi. Niente sapevano di tutto ciò le vittime “innocenti” di Neo Iraklio! Chiunque faccia parte di un'organizzazione criminale come Alba Dorata è automaticamente complice anche se non è fisicamente l'autore del crimine.

Subito dopo l'assassinio di Pavlos Fyssas, Il Ministero degli Interni, il governo, la “giustizia” e il PASOK hanno “scoperto” all'unisono l'attività criminale e assassina di Alba Dorata. All'improvviso, quelli che per anni li avevano blanditi e se ne erano serviti come forze di riserva in numerose occasioni (come ha fatto la polizia sotto i governi sia di ND che del PASOK), hanno dichiarato “guerra al fascismo e ai neonazisti”. Quelli che, a partire dal maggio 2010, col voto del “memorandum”, hanno dato luogo a una politica di completa conformazione alle esigenze dei creditori del Paese, derubando il popolo, abolendo totalmente le vecchie conquiste del movimento dei lavoratori e il diritto di sciopero a colpi di precettazioni, scagliando i mastini della polizia, le Forze Antisommossa, le Squadre Motociclistiche e i Nuclei Delta contro i manifestanti, e riducendo lo stesso parlamento nazionale a un burattino tirato dai creditori, quelli la cui politica sarebbe stata invidiata non solo da Hitler e Mussolini, ma anche dai fascisti nostrali come Metaxàs e i Colonnelli, beh, sono quelli che ora dichiarano “guerra al fascismo”.

Note al 2° Capitolo (1a parte) 

i Il PAME, sigla-acronimo di Panergatiko Agonistiko Metopo (Fronte Militante di Tutti i lavoratori) è un fronte sindacale unitario di orientamento comunista e controllato dal Partito Comunista Greco (KKE). L'acronimo significa anche, in greco, “Andiamo!”. (ndt)
ii Il LAOS è un partito di estrema destra “precursore” di Alba Dorata, che ebbe un certo successo nelle passate elezioni greche. Aveva connotazione più “religioso-tradizionalista”, essendo sigla di Laikos Orthodoxos Synagermòs “Raggruppamento Popolare Ortodosso”. Però, in greco, “LAOS” significa anche “POPOLO”. Si noti ancora una volta la prassi comune in Grecia di far corrispondere sigle e acronimi a comuni parole evocative. (ndt)
iii Traduco così, ma il termine significa “scannare, sgozzare”. (ndt)
ivSobborgo del Pireo (ndt)
v Kasidiaris, “delfino” di Michaloliakos, è il deputato albadorista noto anche per aver picchiato in diretta TV una deputata di Syriza, l'attuale principale partito della sinistra greca. (ndt)
vi Molòn labè, alla lettera: “Essendo entrato, prènditele” in greco antico, è la famosa frase che Leonida gridò ai persiani alle Termopili (fu riportata da Plutarco). Fu gridata anche dagli studenti del Politecnico di Atene in occasione della rivolta antifascista del novembre 1973 alle forze armate che irruppero compiendo una strage. (ndt)
vii Nel maggio 2011 il 44enne ateniese Manolis Kandaris era stato ucciso da un afghano per rapina. (ndt)
viii Si tratta del noto stabilimento di latticini e prodotti caseari che produce lo yogurt greco venduto anche nei supermercati italiani. FAGE significa: “Mangia!” (ndt)

giovedì 21 novembre 2013

Statysti



" Un dildo è un giocattolo sessuale, spesso a forma di pene, utilizzato in genere per la masturbazione, nei giochi erotici e nei preliminari. I dildo sono usati da individui di ogni sesso e orientamento sessuale, da soli, con un partner o in sesso di gruppo. La parola dildo è probabilmente una storpiatura dell'italiano "diletto"; potrebbe anche derivare dall'inglese Dil Doul (pene eretto), un'espressione presente in una vecchia ballata americana del XVII secolo, intitolata The Maids Complaint for Want of a Dil Doul (Il lamento delle fanciulle per difetto di un pene eretto). " - Wikipedia.

Hanno difeso la targa!



(Si ringrazia il Treggia's Blog per la gentile collaborazione)

lunedì 18 novembre 2013

La rivendicazione per l'eliminazione dei due nazisti di Alba Dorata da parte delle Forze Combattenti Popolari Rivoluzionarie. 1° Capitolo.



Questa è la Rivendicazione per l'esecuzione dei due neonazisti di Alba Dorata, avvenuta a Atene il 1° novembre 2013, così come pubblicata su questa pagina (ignoro anche se su altre). Non sono a conoscenza se sia stata già tradotta, parzialmente e/o integralmente, in italiano o in altre lingue, ma ho deciso di non interessarmene e di procedere da solo alla traduzione integrale, conoscendo a sufficienza il greco da poterlo fare. La seguente traduzione è di uso totalmente libero, vale a dire può essere riprodotta in tutto o in parte senza chiedermene il consenso e anche senza indicare la fonte. E' stata condotta assolutamente alla lettera, ma contiene qua e là (in nota) alcune spiegazioni relative a termini ed espressioni particolari e/o a personaggi o sigle nominate nel testo. Il documento originale consta di diciotto pagine e verrà riprodotto secondo le sue varie parti, via via che la traduzione procederà. Questa è la prima parte (Rivendicazione materiale, esposizione dei fatti); corrisponde alle prime tre pagine del testo originale. Al termine della traduzione (che non è semplice), su richiesta via mail (k.riccardo@gmail.com) fornirò a chiunque lo richieda il documento .PDF intero; uguale richiesta potrà comunque essermi fatta anche per le singole parti. [Riccardo Venturi]

RIVENDICAZIONE*i DELL'ESECUZIONE DEI NEONAZISTI

Non combattiamo il fascismo assieme al governo, ma a dispetto del governo. Sappiamo che nessun governo intende realmente eliminare il fascismo, perché l'ordine borghese è costretto a ricorrere ad esso ogni volta che vede il potere scivolargli dalle mani.”
Buenaventura Durruti

Anarchico spagnolo, membro della confederazione anarcosindacalista del lavoro (CNT), fece parte dell'organizzazione armata Los Solidarios (I Solidali) e della Federazione Anarchica Iberica (FAI), che organizzò la tentata esecuzione del Re di Spagna. Partecipò all'insurrezione armata del 1933; fondatore dell'omonima colonna che, dopo che fu represso a Barcellona il tentativo di colpo di stato da parte di Franco, liberò la Catalogna e la maggior parte dell'Aragona stabilendo il comunismo anarchico. Fu ucciso nel novembre del 1936 a Madrid durante l'assedio della città da parte dei fascisti di Franco.

Le Forze Combattenti Popolari Rivoluzionarie [Mahómenes Laïkés Epanastatikés Dynámeis] si assumono la responsabilità per le esecuzioni di carattere politico dei fascisti membri del partito neonazista Alba Dorata, i quali erano impegnati nella protezione degli uffici del settore nord di Atene, a Neo Iraklio. L'attacco è avvenuto come rappresaglia per l'assassinio di Pavlos Fyssas a Keratsini da parte dell'albadorista Roupakiàs e di altre canaglie che fanno parte del partito neonazista. L'attacco è ugualmente dedicato al disprezzato proletariato africano e asiatico, ad ogni immigrato oltraggiato che è continuo oggetto di razzismo allo scopo di fornire manodopera a buon mercato. L'assassinio di Fyssas costituisce un segnale di svolta, dato che ha rappresentato l'acme della campagna omicida di Alba Dorata la quale, negli ultimi due anni e particolarmente dopo il suo ingresso in parlamento, si è dedicata sistematicamente a omicidi e pestaggi di immigrati lavoratori, a aggressioni e pestaggi di simpatizzanti e attivisti di sinistraii e anticapitalisti, tutto questo con la totale copertura da parte della polizia “democratica”.

L'attacco-risposta armata agli uffici di Neo Iraklio è il punto di partenza della campagna popolare affinché la spazzatura neonazista di Alba Dorata sia rispedita dove le compete, vale a dire nella pattumiera della storia. I discendenti di Efialteiii, di Pelios Gousisiv e di Nenekosv, i discendenti dei fantocci dei tedeschi durante l'Occupazione, dei “Chites”vi, dei membri del “Battaglione di Sicurezza” e dei collaborazionisti saranno annientati e rinfilati in nuove Pigades, come a Meligalàsvii dove nessuna polizia “democratica” potrà proteggerli. I combattenti delle Forze Combattenti Popolari Rivoluzionarie hanno messo in atto l'attacco dovuto al fatto che gli uffici di Alba Dorata a Neo Iraklio si trovano a due passi dal commissariato di polizia della zona, dato che i vigliacchi albadoristi cercano di trovare protezione presso i cani armati dello Stato, cioè la polizia, la quale collabora con loro. Del resto, anche la loro sede centrale a Mesogia si trova di fronte alla scuola di polizia nel parco Chorofylakìs.

La scelta di colpire i “beni di consumo” dei parlamentari, e non questi ultimi, costituisce il seguente e definitivo messaggio: Durante l'apparente “neutralizzazione” di Alba Dorata ci sono state, sia pure in parte, “rivelazioni” sulla vera natura degli albadoristi. Ora tutti sanno che è terminata l'epoca della loro impunità. Ora chi si avvicina a loro, è loro complice. Se si sceglie di essere loro compagno di strada, o di trovarsi o nei loro pressi o nelle loro sedi. può comportare le conseguenze che merita. Se chiunque, d'ora in poi, commetterà violenze nei confronti di immigrati, simpatizzanti o militanti di sinistra o anarchici, oppure qualsiasi tipo di azione di carattere razzista o discriminatoria, la responsabilità sarà subita esclusivamente da Alba Dorata anche se questa si trasferisse direttamente dentro i commissariati di polizia. Chi si accosta ad essi, d'altronde, non ha certo come alibi delle relazioni di tipo clientelare: si tratta di nazisti, hanno fatto il giuramento del “chitis”viii, inneggiano alla Giunta dei Colonnelli e li affronteremo come nemici del popolo. Gli elettori “raggirati”, questa massa di pezzenti dalla coscienza borghese, non hanno più nessun alibi; lo stesso le cerchie imprenditoriali che sostengono le loro “buone azioni”. Tutti costoro hanno le loro impronte digitali sui loro pugnali assassini. Lo stesso destino sarà condiviso in un modo o nell'altro anche dalla Polizia greca, non soltanto perché il 50% degli agenti votano per Alba Dorata, ma anche perché lavorano allo scoperto e continuativamente assieme a Alba Dorata in quanto fascisti come loro – difensori e mastini del capitale. Le pallottole da 9 mm sono state ordinate dal loro deputato Michos, quando ha dichiarato che “ci fermeranno solo sparandoci”.

L'assassinio a viso aperto di Pavlos Fyssas è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In questa congiuntura economica, suona come inizio della guerra civile di classe. La guerra civile atipica e invisibile che era in atto a bassa intensità è venuta allo scoperto e nel modo più palese. Responsabile di ciò è Alba Dorata e, in particolare, le squadracce d'assalto di Nicea. Lo shock provocato dalla decisione politica di Alba Dorata di assassinare per mano di Roupakiàs ha comportato il dovere di eliminarla.

Chiunque sia dotato di un pensiero, seguendo il processo della loro “neutralizzazione” e della loro riformazione in futuro, potrà accorgersi che niente è finito e che, anzi, tutto comincia.ix

L'andamento dei fatti sarebbe stato molto differente se l'assassino, Roupakiàs, non fosse stato catturato. Se, come è successo in tanti altri casi di uccisioni o pestaggi di immigrati, gli autori fossero rimasti sconosciuti. Invece, si direbbe per sfortuna, l'assassino Roupakiàs è stato arrestato; il quale non ha esitato neanche un po' a rivelare subito alla polizia la sua identità politica e di essere membro di Alba Dorata, sperando apertamente non solo nella sua protezione, ma anche di quella del governo, come del resto è accaduto in tanti altri casi di pestaggi, accoltellamenti, uccisioni di immigrati e aggressioni. La copertura degli assassini da parte della polizia è stata dichiarata certa dalla compagna di Fyssas, che era presente al suo assassinio a freddo e che ha cercato aiuto dagli sbirri che si trovavano là. La loro aperta indifferenza alla ragazza di Fyssas che li stava avvertendo che “lo avrebbero ammazzato” e il loro gelido infischiarsene dopo che era già stato ammazzato dimostrano la loro mirabile collaborazione coi fascisti. La poliziotta che ha effettuato l'arresto dicendo “no, anche i coltelli, cazzo ragazzi!”, si trovava piuttosto al di fuori della scena del crimine e la sola cosa che sapeva era che si trattava di un pestaggio, con il quale era d'accordo come era avvenuto innumerevoli altre volte per aggressioni fasciste. Ci sarebbe da chiedersi che fine abbia fatto l'indagine sul perché la Squadra Motociclistica della Poliziax si sia fermata. Perché Dendiasxi ha smentito le deposizioni dei testimoni oculari in base alle quali soltanto una poliziotta ha effettuato l'arresto e che gli altri non hanno fatto assolutamente nulla, e poi ha dichiarato che “solo i poliziotti che erano là hanno effettuato l'arresto”? Dendias sa che c'era un accordo tra i poliziotti e i fascisti per l'attacco teso a uccidere, e tuttavia li ha coperti affinché i poliziotti non fossero incolpati dell'assassinio -e, per estensione, anche lui stesso.

Il colpo inferto dal governo alla “formazione” fascista è consistito nel calmare l'imbarazzata rabbia della UE, nella mercificazione e assimilazione del movimento antifascista e nelle accuse di perversione sessuale rivolte al defunto Pavlos Fyssas. E pure nel tentativo di carpire il necessario sostegno popolare. I dirigenti politici, dunque, si sono dati alla demagogia comunitaria, alla trasformazione dei fatti in un'occasione meravigliosa per raccattare i voti del “popolo di destra” come risultato della lotta di potere interna sul terreno della controrivoluzione. Per esibire l'annuncio di guerra con la teoria dei due estremismi, con il decisionismo e con la volontà del mondo politico borghese di condurre una guerra spietata contro il proletariato non sottomesso. Guerra che assicurerà la pace sociale e la necessaria normalità politica per poter investire nello sviluppo.

La storia insegna chiaramente che il fascismo non si spezza in parlamento con le leggi, e che il fascismo si elimina soltanto combattendo per le strade. Che la democrazia borghese non ha mai combattuto il fascismo e che ha voluto sempre controllarlo. Che il fascismo è semplicemente la forma bruta del capitalismo. Che i fascisti, nonostante tutte le loro ambizioni, non sono mai stati così indipendenti come avrebbero voluto.

I fascisti di Alba Dorata sono stati da sempre compagni di strada e alleati di Nuova Democrazia. Hanno radici politiche comuni, hanno partecipato assieme alle lotte interne al potere e hanno simboli comuni. I fascisti sono stati da sempre dei bugiardi di professione e i più grandi camaleonti politici. Per quante camicie abbiano cambiato, non devono apparire più belli agli occhi di nessuno. In ogni quartiere, in ogni luogo, gli antifascisti, senza incaricare mai lo Stato o cedergli terreno, senza limitarsi soltanto alla controinformazione o a denunce con l'errore di esercitare pressioni politiche, devono, con le proprie energie e con forze esigue, autonome ed agili, schiacciare i fascisti nel senso letterale del termine. Procedere combattivamente, trovare metodi, misure e tattiche con mezzi “casalinghi”, con ciò che è indispensabile, con ciò che è necessario e con ciò che è richiesto. In Grecia, senza che vada perduta la lotta antistatale, il movimento sovversivo deve procedere alla distruzione materiale delle infrastrutture di Alba Dorata e agire in modo coordinato contro chi ne fa fisicamente parte. Contro i gerarchi, i capi, i quadri, i membri, la manovalanza e i motociclisti. Le teste vanno loro aperte col martello, le mani vanno loro tagliate con la falce. A mo' d'esempio.

Note al Primo Capitolo
iAlla lettera: “Assunzione di responsabilità” (ndt)
iiNel testo originale, soltanto “di persone di sinistra”, o meglio, di “sinistri” (αριστερών). Qui è stato compiuto un logico adattamento. (ndt)
iiiQui il riferimento è a Efialte di Trachis, un soldato greco che nel 480 a.C. tradì gli Spartani di Leonida I. (ndt)
ivPelios Gousis, o Peliogousis, era un suliota che, durante la guerra di indipendenza greca del 1821, tradì la propria regione (il Soulios), consegnandola agli ottomani. (ndt)
vDimitrios Nenekos, ai tempi della guerra di indipendenza greca del 1821, era comandante militare della provincia di Patrasso. Dopo aver combattuto lealmente, nel 1825 passò improvvisamente dalla parte dei turchi di Ibrahim Pascià. E' considerato tra i principali traditori della Grecia. (ndt)
viVale a dire i membri dell' “Organizzazione X” [“X” sta per la lettera greca “chi”, da cui “Chites”, ovvero qualcosa come “Chi-isti”], milizia paramilitare di estrema destra durante l'Occupazione nazifascista della Grecia. (ndt)
viiA Meligalàs, in Messenia, si svolse nel 1944 una battaglia tra le forze della Resistenza comunista dell'EAM-ELAS di Aris Velouchiotis e il “Battaglione di Sicurezza” collaborazionista. Prevalsero le forze antifasciste, che massacrarono tutti i fascisti collaborazionisti. A Pigada, nei pressi di Meligalàs, si trova il cimitero dei membri del “Battaglione di Sicurezza”, che dopo la sconfitta della Resistenza comunista nella guerra civile greca (1946-1949) furono pubblicamente onorati ogni anno fino al 1974, con la fine della dittatura dei Colonnelli. (ndt)
viii Si veda la nota vi. “Chitis” è il singolare di “Chites” (ndt)
ixConcetto espresso da Raoul Vaneigem nella celebre canzone La vie s'écoule, la vie s'enfuit: “Rien n'est fini mais tout commence et va mûrir dans la violence.” (ndt)
xNel testo originale: Ομάδα Δίας, laddove “Δίας” è acronimo di Δίκυκλης Αστυνομεύσης (ovvero “Squadra di Pubblica Sicurezza Motociclistica”); in pratica, però, significa anche “Squadra di Zeus”. (ndt)
xiMinistro dell'interno greco del “governo di larghe intese” di Samaràs.

Ufficiale e gentiluomo



La foto sopra fu scattata a Roma il 6 luglio 1960, durante le manifestazioni di piazza di quando l'Italia intera insorgeva per un governo democristiano sostenuto dai fascisti del MSI. E dovette sloggiare alla svelta, il merdoso di Tambroni! Erano i giorni dei "ragazzi con le magliette a strisce" e dei morti di Reggio Emilia (e non solo), di Genova che si ribellava. Poco dopo, a Roma, sarebbero cominciate le Olimpiadi che sancivano il "miracolo economico" italiano. A Roma, durante una manifestazione, fu ordinata una violenta carica a cavallo dei Carabinieri contro la folla che manifestava; la ordinò e guidò Raimondo D'Inzeo, che poi alle stesse Olimpiadi avrebbe vinto la medaglia d'oro nel concorso di equitazione. Poiché D'Inzeo è morto due giorni fa a ottantotto anni, con gli onori militari e accompagnato da ogni sorta di "cordoglio", vorrei ricordare quell'episodio. Sui giornali lo si definisce, con squisita originalità, "ufficiale e gentiluomo"; è bene vedere il modo in cui i Carabinieri sono "gentiluomini". Ovvero, sempre al servizio di uno stato fascista, esecutori di ordini contro gli operai e i lavoratori. Augurando al "gentiluomo" di cavalcare all'inferno, riporto qui (riprendendola da Globalist) la testimonianza di Aldo Natoli, allora deputato comunista, che partecipava alla manifestazione e che rimase ferito nella carica guidata dai gran cavalieri D'Inzeo: non solo Raimondo, ma anche il fratello Piero. Quello che in una foto di ieri si vede fare il saluto militare alla bara del fratello. Caricaaaaaaa.....!

"In schiera ordinata, avevamo fatto pochi passi e ci trovavamo proprio in mezzo al guado, non vi era stato ancora alcun contatto con i cordoni polizieschi, quando avvenne la sorpresa; dalla sinistra, dove era stato ben coperto dietro l'angolo di case e muraglie, irruppe dritto su di noi uno squadrone di carabinieri a cavallo, al galoppo, mulinando in aria non sciabole bensì frustini.

Ignoro se sia stato lo stesso mediocre avvocato di provincia (Tambroni, presidente del Consiglio n.d.r.) che allora sedeva come capo supremo al Viminale, a escogitare questo espediente tattico nuovo per gli scontri di strada a Roma. Io mi ero trovato in una circostanza simile parecchi anni prima, nella campagna di Monterotondo, quando appoggiavo i contadini che occupavano le terre di una grande tenuta, e anche allora ero in compagnia di Lizzadri. In campagna è più facile salvarsi da simili attacchi, alberi, solchi profondi, canali, offrono ripari naturali.

A Porta S. Paolo eravamo totalmente allo scoperto e non ho dimenticato lo scroscio di nacchere degli zoccoli dei cavalli rimbalzanti sull'acciottolato di sampietrini.

Ci sbandammo e gli eroici cavalieri guidati dai D'Inzeo finirono in mezzo alla folla che li accolse con un lancio di proiettili provenienti dal vicino mercato. Ma dietro i cavalieri si erano mossi i reparti motorizzati della Celere, che rastrellavano gli sbandati.".

Così ricorda Aldo Natoli, deputato comunista, quello che avvenne a Roma, a Porta San Paolo, quel 6 luglio del 1960.

I D'Inzeo sono i due fratelli cavallerizzi, Piero e il più famoso Raimondo, entrambi ufficiali di cavalleria. L'immagine di Raimondo D'Inzeo che comanda la carica dei carabinieri a cavallo, con un lungo nerbo in mano al posto della sciabola, contro i manifestanti pacifici, mi è ritornata alla mente oggi che è morto e tutti hanno ricordato le sue grandi imprese sportive, senza fare nessun accenno a quell'episodio.

La manifestazione di Roma fu decisa dai partiti antifascisti per protestare contro il governo Tambroni che aveva permesso lo svolgimento a Genova, città Medaglia d'Oro della Resistenza, il congresso del partito neofascista. A Genova c'erano stati proteste e scontri, anche sanguinosi, con la polizia. Sandro Pertini in quella occasione dichiarò: « La polizia sta cercando i sobillatori di queste manifestazioni, non abbiamo nessuna difficoltà ad indicarglieli. Sono i fucilati del Turchino, di Cravasco, della Benedicta, i torturati della casa dello studente".

A Porta San Paolo c'ero anche io. Come scrisse l'Espresso, "Per molte ore, in quelle zone, chiunque non aveva la cravatta veniva fermato interrogato, spesso bastonato". Io non avevo la cravatta ma indossavo la maglietta a strisce verticali, come andava di moda in quegli anni fra noi ragazzi. Fui arrestato e portato in Questura. Ci misero in uno stanzone. Eravamo un centinaio e cantammo per tutto il tempo Fischia il vento e Bella ciao. Ogni tanto entrava un brigadiere che si metteva a urlare smettetela, fatela finita, e poi ci incitava a continuare.

L'anno dopo un gruppo di ragazzi, reduci di Porta San Paolo, si tolsero la maglietta a strisce e, in giacca e cravatta, si recarono a Piazza di Siena dove c'era il concorso ippico. Quando apparve D'Inzeo lo presero a sassate. Io non ci andai perché non ero stato avvertito, altrimenti un sasso glielo avrei tirato volentieri. "

mercoledì 13 novembre 2013

Lotto 14


La mia casa è stretta e lunga; quando mi compare in sogno è ancora più stretta e ancora più lunga. La disposizione della mobilia e dei libri è più o meno la stessa, ma vi sono delle stranezze che si ripetono sempre; è, ad esempio, leggermente inclinata verso il bagno. Come fosse in discesa dall'entrata. Ha sempre una luce soffusa e arancione che penetra dalle finestre, ed è molto più ombrosa di quello che è in realtà; infine, è infinitamente più sporca e disordinata. Quando mi è comparsa in sogno stamani, dopo una nottata arruffata, ero impegnato a grattare dal pavimento, con una specie di grossa spatola, uno strato quasi fangoso di sporcizia che si era accumulata; quella che all'Elba si chiama gromma. C'erano, fuori, dei rumori bizzarri; in casa avevo due gatti che gironzolavano, uno grande e uno piccolo. Non mi ricordo di che colore fossero.

Un busso violento alla porta. Apro chiedendomi chi cazzo sia a quell'ora; entra una comitiva di persone, alcune vestite da operai di cantiere, un paio in giacca e cravatta con delle cartelle. Entrano di malagrazia senza nemmeno dare il buongiorno; l'incravattato più corpulento si siede al tavolo e tira fuori un pacco di documenti, l'altro incravattato (magrissimo, più anziano, con la barba e i capelli folti e grigi; mi dà un'impressione di bellezza) resta in piedi così come gli operai che cominciano a inchiodare delle travi di legno. L'incravattato seduto si qualifica come dirigente comunale e mi comunica l'avvenuto esproprio della mia casa con immediato provvedimento di demolizione. Rimango interdetto, provo a chiedere qualcosa, ma l'incravattato in piedi, quello magro con la barba, mi dice: “Stai zitto, mentecatto”. Provo a dire qualcosa e mi viene fuori una specie di breve ma stranamente urbano comizio, del tipo “Ma come si permette lei di parlarmi così in casa mia...? Ma non si vergogna di offendere uno sconosciuto che non le ha fatto nulla...?” Quello ride mentre il dirigente comunale dice agli operai di sbrigarsi e a me di prendere le mie cose e di sloggiare. Si sentono rumori più forti, la luce si fa ancora più arancione e si percepisce, fuori, una marea di polvere.

Il sogno si fa angosciante, un incubo in cui sono dentro fino al collo. Mi sento disperato, prossimo a morire. Nei sogni, però, c'è sempre l'oggetto giusto al momento giusto; metto la mano in una specie di scaffale in legno grezzo che nel frattempo si è materializzato, e ne tiro fuori una pistola carica. Sparo prima al dirigente seduto, che sta scrivendo, centrandolo nella nuca; schizzi di cervello e sangue. Poi al magro con la barba, due colpi nel torace; aveva cercato di reagire, muore dicendo qualcosa che non capisco. Poi ammazzo gli operai, uno ad uno; muoiono tranquillamente, quasi fosse inevitabile. I gatti dormono sul letto. Silenzio totale. La casa è piena di cadaveri e c'è un puzzo tremendo; mi metto uno straccio bagnato attorno alla faccia, tengo la pistola in mano e esco a vedere che succede fuori.

Non c'è più nulla di quel che c'era prima. Il cortile, i giardini, i palazzi, gli alberi, le strade; tutto cancellato. Al loro posto, un immenso cantiere: scavatrici, gru, reticolati arancioni, buche enormi, macchinari e una polvere impenetrabile nell'aria che si è fatta ancor più arancione. Fa un caldo disumano. Davanti all'entrata di casa mia è stato scavato uno scivolo in cemento armato, chiuso da un muro altissimo; dal muro parte un tubo di metallo che va a terminare sopra la porta, quasi a puntellare quel che resta dello stabile. Tutto è stato demolito tranne casa mia; ero l'ultimo da cacciare via. Non c'è nessuno in giro. Di fianco allo scivolo chiuso è stato lasciato un passaggio strettissimo, pieno di erbacce spinose; l'aria è irrespirabile. Uscito fuori mi trovo di fronte alla devastazione dell'Isolotto; tutto ricorda neppur tanto vagamente Ground Zero. Cerco di saperne qualcosa. Uscendo verso quello che era il parcheggio leggo un grosso cartello: “RIQUALIFICAZIONE DELL'ISOLOTTO – LOTTO 14”. Sono sconvolto e mi guardo attorno, per quel che riesco a vedere nella polvere sempre più fitta; credo di vedere un'ombra che mi fa cenno di andare da una parte. Ci vado. C'è un'enorme ruspa col motore acceso.

Salgo sulla ruspa e aziono leve a caso; non la so guidare ma nel sogno imparo in dieci secondi. La prima cosa che faccio e tirare giù il muro che chiude lo scivolo di fronte a casa mia; dalla porta i due gatti annuiscono soddisfatti e faccio loro un saluto togliendomi un cappello piumato capitatomi in testa da chissà dove. Si cominciano a sentire grida all'intorno, prima lontane, poi sempre più vicine; una marea di gente. Comincio a riconoscere i vicini di casa; il pensionato del box di fronte, la signora dell'appartamento accanto, la parrucchiera, le maestre dell'asilo nido. Vedono la ruspa e si impauriscono; poi mi riconoscono. All'Isolotto scoppia, all'improvviso, la rivolta. Senza dichiarazioni e senza guide. Senza clamori e senza nessuna pietà. Una tranquilla violenza si accinge a far pagare caro, e far pagare tutto. Senza sconti.



Vengono abbattutti i cartelli della Riqualificazione. Con la ruspa strappo via i reticolati da cantiere di plastica arancione; mentre lo faccio, la polvere si dirada improvvisamente e compare, nitida, la devastazione operata. Con gli attrezzi recuperati nel cantiere la folla comincia a ammazzare funzionari, capimastri, architetti, ingegneri, operai. Un vecchio prende a badilate un lavoratore urlando orrori contro la sua famiglia di merda e contro il suo lavoro, dandogli di rottinculo ubbidiente come una pulce ammaestrata; lo massacra. Al centro del cantiere qualcuno nota l'avvio di una grossa galleria; in lontananza, verso il fiume, si vedono chiaramente delle forche già drizzate. La scena è allucinante; per non impazzire comincio a dire dall'altoparlante della ruspa (naturalmente, nel sogno, lo ha): “Bisogna spazzare via tutto questo orrore. Bisogna distruggerlo. Poi si rifà tutto com'era. Anzi no: come lo vogliamo noi.” Dico chiaramente, poi, una frase in portoghese: Falemos dum passado que não tivéssemos tido. La scena cambia in due secondi. L'Isolotto torna com'era prima; fuori di casa mia c'è il cortile, ci sono i giardini, il parcheggio, gli alberi, l'asilo nido. E' una tranquilla giornata qualsiasi, casa mia è sempre stretta e lunga, dalla luce arancione soffusa e sporchissima. Sto di nuovo tentando di raschiare la sporcizia dal pavimento, mentre non so come mi sbarazzo dei cadaveri semplicemente buttandoli nella spazzatura.

Ad un semplice miagolio di uno dei gatti, però, mi ricordo di una cosa. In un secondo sono trasportato nell'antica piazza del Comune, dove staziona una Ferrari rossa fiammante. Esco fuori tirando per la giacca il giovane sindaco, coprendolo di insulti e prendendolo a calci nel culo; poi lo impicco a un cappio lanciatomi da un balcone, e lo lascio a penzolare. Torno a casa...e mi sveglio. Mi ci vogliono letteralmente minuti per convincermi che si trattava di un sogno; poche volte mi era capitato di esserci dentro in un modo simile, non un sogno ma una seconda vita. Come la casa fosse quella dall'altra parte della barriera del reale, a meno che -naturalmente- il reale non sia quell'altro, e che non sia io, in questo momento, dall'altra parte.

Mi guardo attorno; sono le nove del mattino. Mi prende una specie di frenesia; faccio i piatti della sera prima in tre minuti, come una macchina da guerra. Riattacco il manifesto antifascista bretone che penzolava scollato, a una parete, da giorni. Rimetto in ordine il mobiletto rosso che non vedeva interventi da due anni. Spalanco la porta col timore, non ancora fugato, di vedere la devastazione; che, comunque, c'è. Tendo gli orecchi putacaso si captasse qualche lontano grido; tendo gli occhi putacaso si scorgesse qualche lontano capestro che vi aspetta, sì che vi aspetta.

martedì 5 novembre 2013

'U Sìnnacu e 'u Ministru





L'uomo che si vede al centro della foto, con un teleoperatore a sinistra e, a destra, il militare impettito con tanto di sciabola (ma icché vorrà sciabolare, qui' bischero?!?) e medaglie e il vigile urbano in alta uniforme, si chiama Renato Accorinti ed è il sindaco di Messina.

Renato Accorinti è stato eletto ed è in carica dal 25 giugno 2013, alla guida di una lista civica dal nome chilometrico: Renato Accorinti sindaco - Cambiare Messina dal basso. Le ultime elezioni municipali messinesi sono state quantomeno curiose: al primo turno, infatti, il candidato del Partito "Democratico", tale Felice Calabrò, non è passato per cinquatanove voti (ha ottenuto il 49,93% in totale). Al ballottaggio, i messinesi hanno ribaltato tutto e eletto Accorinti e il cambio dal basso, con il 52,67% dei voti.

E così i messinesi hanno eletto sindaco questo simpatico personaggio, ferreo nonviolento, attivista contro la costruzione del ponte sullo Stretto, obiettore di coscienza al servizio militare e oppositore alle installazioni NATO in Sicilia. Il 15 gennaio 1991 è  stato imputato di istigazione a delinquere perché, in occasione della prima "guerra del Golfo" aveva invitato i militari italiani a disertare. E' anche un noto attivista antimafia

Il pilone di Torre Faro (Messina)

 Il 25 giugno 2002, casualmente undici anni esatti prima di diventare sindaco, ha effettuato una clamorosa protesta contro la costruzione del ponte sullo Stretto: si è arrampicato con due striscioni sul pilone di Torre Faro, che sovrasta Messina, a 220 metri di altezza, restandoci per un giorno e una notte. Sembra che si sia esibito anche assieme al rapper Caparezza. Insomma, mi fermo qui: non vorrei vedermi trasformato 'u Sìnnacu in un "nuovo santo" da qualche indefesso Cinguettatore a buon mercato.

Ieri, il sindaco Renato Accorinti -come molti sapranno- è salito sul palco dove si celebrava, a Messina, la "festa delle forze armate" del 4 novembre; una cosa dove, a quasi cent'anni di distanza, si "festeggiano" settecentomila morti. E ci è salito nel modo che si vede nella foto: con la "bandiera della pace" sulla quale sta scritto un articolo della "Costituzione".


Apriti cielo: in un giorno solo, un sindaco qualsiasi (sia pure di una grande e importante città) è riuscito a scatenare tutto l'apparato dello Stato italiano. Mentre sul palco pronunciava il suo discorso pacifista (o antimilitarista?) sventolando la "bandiera della pace", i carabinieri che erano presenti hanno girato il culo e se ne sono andati (forse potevano sventolare la bandiera della guerra, visto che fanno parte di un'arma fondata dai Savoia con il preciso compito di fucilare i disertori nella schiena).  Riporta l'edizione siciliana della "Repubblica": "Accorinti ha preso la parola dopo la deposizione di una corona d’alloro al monumento ai Caduti. Il sindaco ha ricordato che la Costituzione recita che l’Italia ripudia la guerra e invece continuiamo a finanziare la corsa agli armamenti. Oltre 20 miliardi in tre anni –ha detto Accorinti – mentre sottraiamo risorse per le spese sociali, beni culturali e sicurezza. Io stesso ogni giorno ho dietro la porta tanta gente che vive sotto la soglia di povertà e non posso dare risposte per mancanza di soldi. Questa amministrazione dice sì al disarmo e dichiara no a tutte le guerre mentre la Sicilia rischia di diventare una portaerei del Mediterraneo. Poi Accorinti ha estratto dalla tasca una bandiera della pace e ha iniziato sbandierarla sotto gli occhi dei presenti. "

Un non meglio precisato "ministro per la Pubblica Amministrazione", tale Gianpiero D'Alia, pure lui messinese, se l'è presa parecchio a male, dichiarando quanto segue: «Accorinti dovrebbe scusarsi pubblicamente con la cittadinanza messinese per una provocazione demenziale e inopportuna, che offende le Forze Armate e la memoria di quanti, anche nostri concittadini, sono morti per la pace in Italia e nelle missioni internazionali». Dunque il sindaco di Messina sarebbe stato, per il suo concittadino ministro, addirittura "demenziale"; ma vediamo meglio chi è questo D'Alia ministro. 

Figlio di un deputato della Democrazia Cristiana, Salvatore D'Alia, Gianpiero D'Alia è stato eletto alla camera per la prima volta nel 2001 grazie a una "lista civetta" chiamata Per l'abolizione dello scorporo (si dice "scòrporo" e non "scorpòro" come l'Orzoro, ndr). E' entrato poi nell'UDC di Pierferdinando Casini, diventando sottosegretario all'interno nel governo "Berlusconi III"; alle elezioni del 2008 viene eletto senatore e presidente del gruppo parlamentare UDC, SVP e Autonomie, del quale fanno parte anche Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. Nel 2013, sempre con l'UDC, aderisce a Scelta Civica e diviene ministro nel "governo delle larghe intese". 

Gianpiero D'Alia è noto soprattutto per il suo emendamento (il 50-bis, poi divenuto articolo 60) al disegno di legge n° 733, più noto come "Decreto Sihurezza" (mi spiace, ma oramai riesco a scrivere questa parola solo alla fiorentina). Con tale emendamento si sancisce la "Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet". 

L'intervento del sindaco di Messina non ha, naturalmente, scatenato soltanto le ire del signor ministro; su tutte le "reti unificate" Raiset, ivi compresa "Rai News 24" da poco divenuta "Papanews 48" (visto che per 48 ore al giorno è impegnata a darci notizie su papa Francesco: finalmente il ritorno di un papa media-friendly dopo il funereo Ratzinger!), è stata una vera e propria gara di tiro al sindaco, nonché di estensione capillare di solidarietà alle forze armate. Sono queste le occasioni in cui anche un bimbominkia dei peggiori riuscirebbe a capire che cosa significa la parola regime.

Statisti a colloquio: Giorgio N. e Nicolae C.
E' perfettamente ipotizzabile che anche l'intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio N., sia neppur tanto indirettamente riferito all'intervento del sindaco di Messina. Si tratta di un'autentica novità: un presidente della Repubblica che si getta a corpo morto, senza più nemmeno il minimo pudore, nella difesa a oltranza e nella giustificazione delle spese militari enormi sostenute da un paese che si dice in crisi. Difesa e giustificazione, oltretutto, espressa con toni offensivi e autenticamente autoritari, nonché delegittimanti di bassa lega. Ma non c'è da stupirsene.

Il tutto perché il sindaco di una città ha compiuto un atto sovversivo: ha esposto una bandiera riportandoci sopra un articolo della loro famosa "Costituzione". Quella che pure il Presidente "migliorista" ha in bocca un giorno sì e un giorno sì. L'idolo e il feticcio che serve per fare le "grandi manifestazioni in difesa" esaltate dal "Manifesto". Oggi si è visto per l'ennesima volta in che cosa consista tale "difesa": nel Ministero della Difesa, appunto. Chissà che prima o poi non ci ritroviamo anche un "Ministero per la Difesa della Costituzione"; magari lo daranno a D'Alia.

domenica 3 novembre 2013

Missione di pace



Attenzione: il signore che si vede nella foto, nonostante il suo aspetto vagamente orientale, è in realtà un Valsusino.

Si tratta del sig. Armando Pelleroux, di Bussoleno (TO), NO TAV della prima ora. In Valsusa, come è noto, sono rudi montanari e amano gli abbigliamenti un po' sui generis. Nell'immagine vediamo il sig. Pelleroux assieme ad un marchingegno che si è costruito assieme ad un suo amico e sodale che ha un'officina meccanica sulla statale 25, poco prima di Susa; assemblando vari pezzi di vecchie Fiat Ritmo, la marmitta di una Lancia Ardea del '57 e altri componenti di risulta, ha ottenuto il Pecorella, arma notevolmente efficace nella sua elementarità. Del resto, mica si vorrà continuare in Valsusa a opporsi ad un esercito intero soltanto con sassi e frasche, anche se bastano a Caselli per spedirti in galera; occorrerà ingegnarsi, tanto poi ai presìdi danno fuoco lo stesso (in Valsusa mica agiscono le màfie, no mica).

La foto del sig. Pelleroux illustra alla perfezione quel che sta accadendo in Valsusa negli ultimi giorni: una missione di pace in piena regola.

Come tutti sanno, i famosi "nostri ragazzi" si stanno ritirando dall'Afghanistan, dove erano stati inviati in forze per sorvegliare la costruzione del TAV Teheran-New Delhi. Un'infrastruttura di primaria importanza eccetera eccetera e pititì e patatà. Anche da quelle parti, la costruzione del TAV ha, stando alle notizie, incontrato qualche lieve resistenza. I "nostri ragazzi", però, hanno fatto il loro dovere di italiani, tenendo conto del fatto che i NO TAV afghani non si sono limitati certo a pigliarli a sassate.

Terminata tale missione di pace, i "nostri ragazzi" (i quali, per un cospicuo stipendio, non hanno esitato a lasciar vedove tutta un'immancabile serie di giovani mogli incinte) sono stati rimessi immediatamente al lavoro. Un po' più vicino dell'Afghanistan, va detto. La pace va salvaguardata. La pace è un bene comune, almeno fin quando non sarà privatizzata. Un po' di riposo? Sia mai. Subito una nuova missione di pace, per la quale sarà senz'altro approntata anche la regolare fiction con Beppe Fiorello.

Come si apprende da notav.info, infatti, ben 400 soldati italiani sono stati inviati immediatamente, e direttamente, da Herat (Afghanistan) a Chiomonte. Dove, naturalmente, si sono trovati davanti tipini come il sig. Pelleroux e il suo Pecorella. Ne ha parlato con emozione il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito in persona, gen. Graziano.

Il generale, come se niente fosse, ha spostato le sue truppe scelte da un paese in guerra a un cantiere.

Soldati che assumono compiti di polizia e che, come ha dichiarato il gen. Graziano, “operano in perfetta sintonia con le altre istituzioni dello Stato presenti in Valsusa, con i carabinieri e la polizia. Abbiamo destinato alla tutela del cantiere quattrocento soldati. I militari hanno acquisito le funzioni della polizia giudiziaria, con la possibilità di fermare persone che abbiano tenuto un comportamento illegale. Sono tutti uomini di grande esperienza, che hanno prestato servizio all’estero, in Afghanistan, in altri scenari internazionali, alle prese con situazioni complesse e delicate. Ovviamente operano in perfetta sintonia con le altre istituzioni dello Stato presenti in Valsusa, con i carabinieri e la polizia, per tutte quelle funzioni connesse all’obiettivo da raggiungere, cioè la tutela del sito e la sicurezza di chi ci lavora .»

La provincia di Herat, in Afghanistan, dove erano di stanza i 400 soldati di grande esperienza, ha un'estensione di 54.778 km2 e 1.578.000 abitanti. Stando ai dati dello Stato Maggiore, nella suddetta provincia è esistito negli ultimi anni un rapporto di 1 soldato ogni 517 abitanti.

Il comune di Chiomonte ha una estensione di 26,66 km2 e una popolazione residente di 931 abitanti. Nel territorio di Chiomonte sono presenti attualmente 415 soldati di grande esperienza (oltre, naturalmente, a tutte le varie forze dell'ordine: polizia, carabinieri ecc.). Ogni abitante di Chiomonte ha quindi a disposizione 0,44 soldati di grande esperienza, ivi compresi i neonati. 

Si tratta quindi di una occupazione militare da parte dello Stato italiano di una porzione del suo stesso territorio. Una missione di pace, appunto, per difendere la legalità.
 
Se mai ce ne fosse ancora bisogno, legalità significa, per lo Stato italiano e per le sue truppe, difendere gli interessi economici e finanziari di una consorteria sempre più feroce, che pur servendosi di tutti i poderosi strumenti politici, militari, giudiziari e mediatici che ha a disposizione, non è riuscita ancora a piegare una popolazione. Tant'è vero che, oramai, è costretta a ricorrere agli strumenti di intimidazione mafiosa.
 
Valsusa come l'Afghanistan, quindi.
 
E chissà che qualche soldato di grande esperienza non abbia prima o poi a fare come certi suoi colleghi in Afghanistan, e tornare a casina sua in una bara e avvolto in quell'orrendo straccio che fu il primo e vero simbolo dei fascisti, intriso di sangue e di vergogna. La strada da fare sarà comunque molto minore, e si potrà risparmiare anche l'aeroplano.
 
In tempi di crisi, che tocca tutto fuorché le spese militari, non sarebbe da disprezzare.
 
Nel frattempo, l'Esercito Italiano torna ad una sua specialità riconosciuta: quella di opprimere e reprimere il suo stesso popolo.
 
Anche a quei rozzi Valsusini deve essere insegnata la democrazia. La sua esportazione vale tanto tra le montagne dell'Asia Centrale, quanto tra quelle delle Alpi. Tutto, in fondo, è un cantiere: che sia di un treno inutile e devastante,  o del nuovo ordine che non ha proprio nulla di nuovo, non importa.