venerdì 5 aprile 2013

Il disertore del lavoro



Da cantarsi sull'aria del "Disertore" di Boris Vian. Ultimamente ho saputo che si dice "détournement" e che era una specialità dei situazionisti; o sta' a vedé che so' situazionista pure io!

In piena facoltà,
egregio direttore,
le scrivo con il cuore,
e spero leggerà.
'Sta letterina qui
la manda un po' a cacare, *
smetto di lavorare
da questo giovedì.
Ché io non sono qui,
stimato direttore
per dare le mie ore
a questo o quel padron;
io non ce l'ho con lei,
ma le dico sul viso:
è un pezzo che ho deciso,
diserto dal lavor.

Non se ne pòle ** più
di morir giorno giorno,
mi levo un po' di torno
e non ritornerò;
non me ne frega no
di economia e mercati,
consumi e consumati,
e disoccupaziòn.
Per tutta la mia vita
mi sono fatto un mazzo,
e mi son rotto il cazzo
di questa schiavitù;
domani mi alzerò,
addio allo sgobbo infame,
le lascio il suo letame,
non mi riguarda più.

Come vivrò 'un si sa,
ma sono cazzi miei,
meglio di quei babbei
che crepano ogni dì;
e a tutti griderò
di smetter di affannarsi,
di smetter d'ammazzarsi
per non importa chi.
Non mi suiciderò,
niente disperazione!
Ma vacci te, coglione,
a buttarti sotto al tren;
e dica pure ai suoi
se vengono a cercarmi,
non possono trovarmi,
ho spento il cellular.

* I fruitori settentrionali possono leggere qui "cagare".
** "Può". Toscanismo spaventoso.