sabato 19 gennaio 2013

Prefetti


Da queste parti, nell'Asocial Network, occuparsi di prefetti è una specie di tradizione. Non senza qualche rischio, perché quando se n'è occupata ad esempio la Gatta Pampalea (a proposito di un signore che ha lasciato a Firenze, come uniche e flebili tracce, delle foto mentre prorompe in escandescenze in tribuna allo stadio per un rigore negato a una squadra di pallone, nonché certe sue confusioni tra cantautori e presunti "terroristi"), non l'hanno presa molto bene in un posticino situato in una via dedicata alla città dalmata di Zadar. Tant'è; scriveva proprio il signore di cui sopra, quello del rigore non dato e del terrorista Lucio Battisti, che il prefetto è uno "sconosciuto". Già: Il prefetto, questo sconosciuto. Titolo di una sua fondamentale opera che, disgraziatamente, ancora non si è vista in edizione economica, in qualche collana di tascabili. Bene, a giudicare da come si son fatti conoscere ultimamente alcuni prefetti italiani, vale a dire i rappresentanti del governo nelle città, verrebbe da dire che è bene che lo rimangano, belli sconosciuti. Quando si ha modo di conoscerne qualcuno, infatti, vengono fuori cosette che la dicono sin troppo lunga non tanto sulle loro persone, che interessano francamente poco, quanto sullo Stato e sul "governo" che li deputa a rappresentarli al massimo grado nelle realtà cittadine.

E, così, pochi mesi fa si è avuto il caso di un prefetto la cui somma funzione dev'essere quella di vigilare sull'uso della parola "signore"; vi ricorderete senz'altro tutti del signor prefetto di Napoli, Andrea De Martino, che durante una riunione redarguì pesantemente don Maurizio Patriciello, un sacerdote cattolico da sempre impegnato contro la Camorra, mentre questo stava parlando proprio in prefettura a proposito dell'allarme sui rifiuti tossici in Campania. La colpa di don Patriciello? Non aver chiamato "signor prefetto" una collega di De Martino (il prefetto di Caserta, Carmela Pagano), ma semplicemente "il prefetto". Rifiuti tossici? Camorra? Ma che importa; quel che veramente conta, per mostrare "rispetto verso le istituzioni", è dire signor prefetto. Notoriamente non godo di un'eccessiva simpatia nei confronti di preti e chiese, ma fossi stato nei panni di don Patriciello avrei immediatamente provveduto a lanciare un anatema sanguinoso sul De Martino, scomunicandolo in piena prefettura e imponendo sulla sua figura il marchio della possessione satanica a base di roboanti vade retro, præfecte!



E' notizia d'oggi che un altro prefetto, questo sconosciuto ha mostrato quanto il "governo", per bocca e per mano dei suoi supremi rappresentanti nelle città, sia sollecito nel manifestare la premura paterna (anzi, in questo caso, materna) a' cittadini che soffrono per un'immane disgrazia. Perché di questo si parla: una tragedia come il terremoto dell'Aquila, non di meno. Una tragedia che ha immediatamente trasformato la sventurata città abruzzese nel più immondo teatrino di politicanti e di altre figure "istituzionali" che si potesse immaginare; nel pretesto per spot elettorali, per l'esercizio della protezione incivile, per farne "commovente scenario" dell'ennesimo vertice di gangster e, soprattutto, per tante belle risatone sulla pelle dei terremotati. Si sa che questo paese ama tanto le "battute", tanto che la battuta di spirito migliore è sempre stata, è e sempre sarà lo Stato che ne occupa il territorio; deve quindi, a rigore, apparire logico che i suoi "rappresentanti" si dedichino all'attività che riesce loro meglio: ridere. Ridono, sghignazzano, cachinnano.

Come il signor prefetto dell'Aquila, Giovanna Iurato, della quale oggi sono state pubblicate alcune pregevoli intercettazioni telefoniche mentre era a colloquio con un suo signor collega prefetto. Il quale collega non è uno qualsiasi, peraltro; giornali e giornaletti non lo fanno notare, ma l'interlocutore del signor Prefetto Giovanna Iurato è nientepopodimeno che Franco Gratteri, ex direttore della "Direzione Centrale Anticrimine" e dello SCO (Servizio Centrale Operativo) della Polizia di Stato, poi interdetto dai pubblici uffici perché tra i protagonisti della "macelleria messicana" della scuola Diaz nel luglio 2001 a Genova. Eh sì, ci son proprio da fare delle belle risatone. Vedere questi due signori prefetti (signore e signora) confessarsi amabilmente finte lacrime davanti ai ragazzi morti nella casa dello Studente dell'Aquila; fanno rimarcare i PM napoletani di come Giovanna Iurato, al telefono col macellaio messicano, "scoppiava a ridere ricordando come si era falsamente commossa davanti alle macerie e ai bimbi rimasti orfani".

Ma, ripeto, in tutta questa vicenda non c'è, a mio parere, da stupirsi eccessivamente. Non è nemmeno questione di protervia, di esercizio della fame di potere di simili personaggi, delle "istituzioni" screditate oramai irrimediabilmente anche agli occhi di coloro che si ostinano, poveracci loro, a credervi; è questione di pura finzione. La quale non si arresta davanti a niente. La quale, come dichiarato dal signor prefetto Iurato Giovanna al collega, gli sarebbe stata addirittura "consigliata dal padre" . E a questo punto mi fermo. Mi fermo solo per un motivo: perché non ritengo giusto, non avendo vissuto personalmente il dramma dell'Aquila e, soprattutto, tutta la sequela di tragiche prese per i fondelli che sono state ammanite agli aquilani, sostituirmi a loro. Nemmeno nel disprezzo totale, che spero distribuiscano a piene mani, ed in forme concrete, a tutti questi personaggi di bassa lega ed allo Stato che li mette in carica fornendo loro lauti stipendi e saccate di potere. 

E, a questo punto, la famosa immagine della prefettura dell'Aquila distrutta dal sisma assume il suo pieno valore simbolico.