lunedì 28 gennaio 2013

Osservazioni su alcuni piselli bilingui del XXI secolo



Sembrerebbe, a prima vista, un normalissimo barattolo di piselli da me acquistati al supermercato "Conad" di Piacenza venerdì scorso, al presso di euro 1,20 (se ben ricordo, ma ho buttato lo scontrino di cassa). Me li sono poi portati a Firenze, e intendo consumarli in un modo ancora da decidere (a tale riguardo, le possibilità sono innumerevoli). Si tratta di "Piselli di Piacenza" in quanto inscatolati da una ditta locale a partire, presumibilmente, da una produzione agricola della zona; siamo di fronte, quindi, ad un probabile esempio della cosiddetta "filiera corta", per la quale viene suggerito ad un consumatore piacentino di non servirsi di piselli prodotti in Nuova Zelanda (ed anche, di converso, ad un consumatore neozelandese di non servirsi di piselli prodotti a Piacenza). Voltando però il barattolo si ha una sorpresa che induce ad alcune considerazioni (naturalmente del tutto oziose, ma non si può mica sprecare sempre il proprio tempo parlando di beppigrilli vari):


Ecco qua. Siamo in presenza, almeno per quanto mi è dato sapere, del primo esempio di barattolo di piselli bilingui della storia italiana, escludendo naturalmente il Trentino Alto-Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste: da un lato l'italiano letterario, "Piselli di Piacenza", e dall'altro il piacentino: Riviòt ad Piaseinza. Ingrandendo le fotografie si potrà notare che, mentre nella parte italiana si ha una dicitura recante la banale indicazione "lessati al naturale" (sarebbe ben difficile che ci fosse scritto "lessati in recipienti al plutonio" o roba del genere), nella parte piacentina si sottolinea la provenienza locale: "da là nossa terra" (quasi stupefacente la pressoché totale identità tra il piacentino e il portoghese, ove suonerebbe da nossa terra).

Ovviamente, le mie conoscenze della lingua piacentina sono assai rudimentali; ho però la fortuna di frequentare assiduamente, mettiamola così, una signora nativa della zona, la quale mi ha gentilmente fornito (conoscendo bene i miei interessi linguistici non certamente sopiti dall'inesorabile tempo che passa) alcune delucidazioni. La principale ci permetterà di stabilire un sorprendente legame strutturale. In italiano, "piselli" è il singolare di "pisello": un barattolo contiene naturalmente più di un pisello, indi per cui contiene "piselli" in numero imprecisato. In piacentino, invece, sembra operare ancora l'antichissima categoria del collettivo: come specificatomi intelligentemente dalla signora di cui sopra (la quale deve evidentemente saper bene dove andare a mirare, perché non si fa un'osservazione del genere così a casaccio), "riviòt" indica i "piselli" in senso collettivo. In altre parole: morfologicamente è un singolare (in quanto non munito del morfema specifico del plurale), ma indica i "piselli" in senso generale.

L'italiano letterario conosce alcuni rari esempi di collettivo: "la legna", "la frutta". Si può notare come, generalmente, si tratti di antichi plurali neutri latini "tornati all'ovile"  in quanto, a livello indoeuropeo, il cosiddetto "plurale neutro" era in origine proprio un collettivo ("l'insieme dei singoli pezzi di legno", "l'insieme dei singoli frutti"). Prova ne sia che nell'arcaicissima lingua greca classica, il sostantivi neutri richiedono il verbo al singolare: τὰ ζῶα τρέχει "gli animali corrono", alla lettera "l'insieme degli animali corre". In piacentino, la cosa sembra essere ben più diffusa se anche i "piselli" ricorrono al medesimo meccanismo (ipotizzabile anche per i ceci, i fagioli, le cipolle, le pesche, i votanti della Lega Nord eccetera).  Sfogliando il Vocabolario piacentino-italiano di Guido Tammi (Edizioni Banca di Piacenza, 1998), la cui ultima copia disponibile è stata da me acquistata alla libreria "Romagnosi" della città emiliana alcun tempo fa (causando alla commessa làgrime d'addio), alla voce riviott (non stupisca la diversa ortografia rispetto al barattolo) si hanno alcuni esempi illuminanti: mnestra col riviott "zuppa di piselli", riviott e panzëtta in ümid "piselli e pancetta in umido", riviott frësch "piselli freschi", riviott sëcch "piselli secchi", al riviott salvädag al mangian i gogn e ill pegar "i piselli selvatici li mangiano i maiali e le pecore". Il termine sembra peraltro essere un antico prestito germanico, derivato dall'antico alto tedesco rîben nel senso di "sgranare". I piselli sarebbero quindi "ciò che viene sgranato".

Ma dicevo del sorprendente legame strutturale. Nelle lingue europee di mia più o meno approfondita conoscenza, che sono nell'insieme parecchie, la categoria del collettivo è latente (se ne hanno altri esempi nei famosi plurali inglesi invariabili: sheep "pecore", deer "cervi", fish "pesci/pesce" (cioè sia nel senso dello spagnolo peces sia di pescado). Soltanto in alcune lingue il collettivo esiste ancora come precisa categoria morfologica: le lingue celtiche. Se, ad esempio, confrontiamo il nostro riviòt piacentino col corrispondente bretone, piz-bihan (ovviamente si tratta di un corrispondente esclusivamente semantico), scopriamo che si comporta esattamente allo stesso modo: è, infatti, ugualmente un collettivo (in bretone i collettivi richiedono però il verbo al plurale). Il bretone, nella fattispecie, per indicare il "singolo pisello" (vale a dire l'unità presa dall'insieme) si serve di uno speciale morfema, -enn, che viene aggiunto alla base formando un sostantivo sempre di genere femminile: pizenn-vihan "singolo pisello" (la "mutazione" di bihan in vihan in presenza di un femminile è una particolare caratteristica delle lingue celtiche sulla quale non è opportuno qui soffermarsi). E' il cosiddetto singolativo.

Ora, ritengo del tutto probabile che, anche in piacentino, per indicare un "singolo pisello" si ricorra (ovviamente coi mezzi a disposizione) ad un meccanismo del genere: così come in italiano si dice "un pezzo di legno", con tutta probabilita si avrà qualcosa come un "chicco di piselli" o roba del genere. Mi riprometto di chiedere bene alla signora piacentina che amabilmente frequento ulteriori delucidazioni, delle quali fornirò preciso resoconto. Tutto ciò sembra andare in controtendenza con quanto io stesso ebbi tempo fa ad affermare riguardo ai C'helto-Fadani (28 aprile 2009); si deve però tenere presente che la categoria del collettivo è, lo ripeto, latente e antichissima in ogni lingua indoeuropea, la quale ha provveduto autonomamente a svilupparla o comprimerla. La sua presenza nel piacentino, però, testimonia una notevolissima arcaicità del suddetto ed un tratto assai originale che trova perfetta espressione sul barattolo in vendita alla Conad.