venerdì 14 settembre 2012

Sonni tranquilli


Stamani, come al solito, ci siamo svegliati con delle galere.

Le galere sono quelle cose che tolgono il sonno a parecchi, a cominciare naturalmente da chi viene svegliato all'alba, prelevato e portato via.

Però, stavolta, tutti sembrano dormire sonni parecchio tranquilli.

Dormono sonni tranquilli (**), ad esempio, i veri anarchici, quelli col copyright della sigla, quelli delle belle rivistine in carta patinata, quelli che si sono subito chiamati fuori, quelli che non hanno aspettato nemmeno un momento per tirare bastonate con tutta la nonviolenza di cui sono capaci, quelli della delegittimazione a gogò, quelli il cui primo pensiero (e anche il secondo, e poi pure il terzo) è stato che si trattasse di questurini.

Dormono sonni tranquilli i militanti, e si ronfa beatamente all'Askatasuna e da qualche altra parte, da dove sono piovute scomuniche a base di avanguardismo, lezioni magistrali sul cui prodest, analisi profonde più dell'abisso Vitjaz e selve di ditini puntati.

Dormono sonni tranquilli i famosi blogger con l'hobby della grafica, quelli che da due scarabocchi decidono che tutto deriva dal simbolo di Casapound; e anche quelli con l'hobby della galera, quelli che tre minuti dopo l'arresto per il lancio di uova, o per il sassolino tirato agli sbirri in Valsusa, o per la rete tagliata, o per la camionetta o il bancomat incendiati un quindici ottobre di duemila anni fa, o per qualche altro stracatacazzo di cosa per cui si finisce al gabbio in questo periodo, sono già in pista con la solidarietà e i liberi tutti.
Il problema è che, stavolta, i due che hanno arrestato non hanno lanciato uova. Non hanno tirato sassi e tagliato reti. Non hanno nemmeno incendiato una camionetta o un bancomat. No, hanno sparato. E quando c'è qualcuno che ha sparato, è necessario starsene a dormire belli tranquilli.

Di fronte allo sparo, si comicia prima con il rinchiudersi nelle proprie belle gabbiette, che non di rado sono più ermetiche, che so io, di una galera.

La solidarietà nei confronti di chi va in galera per aver sparato è, del resto, sempre a scoppio parecchio ritardato. Esprimerla poche ore dopo degli arresti può essere parecchio pericoloso, non ci fosse bell'e pronto il Gip o il Procuratore che pensa subito male. 

La solidarietà nei confronti di chi ha sparato deve aspettare dieci, venti, trent'anni. In questo paese ci sono parecchi che hanno sparato, mirando sovente ben più in alto e con maggiore precisione di un disoccupato e di un tipografo. Allora si può esprimerla tranquillamente, dopo belle dormite, magari quando gli sparatori sono già sortiti dal carcere da anni. Si fanno i ricordi commoventi quando muoiono per qualche malattia, si continua a tuonare contro la galera, si scovano torturatori e torturati, si leggono avidamente i libri su chi certe azioni le ha pagate non solo con la galera, ma con la vita.

Ma tutto questo accade sempre un bel po' dopo.

Del resto, i due arrestati di Torino non hanno in realtà tutta codesta attrattiva. La avrebbero avuta, forse, se stamani, invece di essere volgarmente arrestati, fossero stati ammazzati tutti e due. Chi compie certe azioni può sperare in un po' di solidarietà soltanto se muore male o si suicida (magari in galera). E questo non sarebbe possibile, dato che in realtà sono già stati copiosamente ammazzati proprio da coloro che, in teoria, avrebbero dovuto esprimere loro solidarietà.

(Se se ne volesse una controprova, basta andare a controllare in Rete quante attestazioni di solidarietà siano state e siano formulate a una prigioniera viva come Nadia Desdemona Lioce, fra le altre cose sottoposta al 41 bis; molto più facile trovarne per Diana Blefari Melazzi, che però ha dovuto essere suicidata).

E continuano i sonni tranquillissimi.

Stavolta, a far dormire tutti benissimo, ci pensa persino Giancarlo Caselli; lui sí che è sveglio.

Dichiara subito, infatti, che i due anarcoinsurrezionalisti arrestati di Torino, Cospito e Gai, non hanno nulla a che fare con il movimento NO TAV, sebbene vi siano alcune "contiguità di linguaggio"; Caselli non poteva non approfittare di questa occasione per fare il magistrato democratico confermando ciò che già dicevano (anzi, imploravano) disperatamente anarcazzi vari, movimenti, pacifistole anali, scomunicatori e quant'altri. Con noi non c'entrano niente! Bene, ora che con loro non c'entrano niente glielo dice pure Caselli; così sono tutti contenti, i violenti non abitano qui e si può ricominciare tranquilli a sdraiarsi sui binari e sulle autostrade, facendo però attenzione a non arrampicarsi sui tralicci inseguiti dai rocciatori, perché anche quello può essere un po' troppo controproducente o avanguardista.


E così, dopo una bella dormita, si può ricominciare a fare quel che più ci piace.

Esprimere vagonate di solidarietà agli arrestati a Rovereto, a Città del Messico, a Lahore, a Wellington, a Teramo, a Sarcazzo di Sopra; basta che si siano guardati bene dal pigliare una pistola in mano troppo di recente, quella vale soltanto se l'hai presa nel 1978. E le pistole del '78, oramai, sono un ammasso di ruggine.

Continuare, se possibile, l'opera di distruzione; esseri solitari, individualisti, poveri deficienti, invasati, fuori dal mondo, nemici del movimento e dell'organizzazione; magari con qualche bel però, che ci sta sempre bene. Faccio un esempio classico: Sì, certo, sono in galera, libertà, abbattere le galere, lìbbberi tutti, solidarietà a chiunque va in carcere, però...

Però, va da sé, la pistola in mano non dovevano pigliarla. Va bene il sanpietrino, la mazza da baseball, il Pinocchio di legno, l'estintore, persino la molotov; ma la pistola no. La pistola serve a una cosa sola; cosa avete capito, serve a eliminare la solidarietà e a far ribadire accoratamente cose del tipo che la FAI è una sola. Lungi da me dire che serve a sparare addosso, sennò mi tocca ritirar fuori quel controproducente avanguardista isolato e antimovimentista di Gaetano Bresci. Oppure il Malatesta che se ne andava nel Matese a dire ai contadini i fucili e le scuri ve li avimo dato, i curtelli li avite, se vulite facite, sennò vi futtite. Oppure quelli che si sgolano coi Monti di Sarzana scordando forse cosa aveva tentato di fare il Lucetti da cui aveva preso nome il battaglione.

Ma questi qui non sono mica Bresci, Malatesta o Lucetti. Sono un disoccupato e un tipografo con una pistola che, fra l'altro, non si trova. Se la saranno mangiata, chissà.

Poi non hanno mica sparato al re d'Italia o a Mussolini, e nemmeno sono andati a sollevare i contadini meridionali; hanno, almeno così dicono, sparato a un'insignificante stronzetto di manager. Vuoi mettere con tirare un uovo o un petardo a Bonanni, ché, poi, ti mandano in galera lo stesso ma facendo il pieno di solidarietà.

Nel frattempo sono in galera da stamani, e tutti quanti dormono saporitamente.

Per forza, domattina c'è da fare il trekking a Chiomonte e bisogna riposarsi.

Però il sottoscritto, disgraziatamente, soffre d'insonnia cronica.

Alfredo libero. Nicola libero.

(**) Con la sola eccezione, almeno per ora, degli Anarchici Pistoiesi. Ma non me ne stupisco affatto.