domenica 22 gennaio 2012

Medalland


Mi piacerebbe far gestire la cosa ai Monty Python. Dunque, secondo i dati attuali, l'Isola del Giglio ha 1465 abitanti; quindi, se si vuole attribuire una medaglia al valore alla popolazione dell'isola (poteva il Tirreno perdere un'occasione del genere?), si hanno due strade: o si forgiano 1465 medaglie e le si distribuiscono ai gigliesi, uno per uno, oppure si medaglia l'isola tout court. Un bel medaglione da Guinness dei Primati, da applicare magari sul punto più alto dell'isola (m 405 sul livello della Costa Concordia) in modo che tutti lo vedano e possano far l'inchino quando passano. E mica si penserà di cavarsela appuntando una medaglietta del cazzo ("cazzo" si può finalmente dire liberamente, da quando lo ha urlato il De Falco) al gonfalone; eh no. E' ora di finirla con queste tirchierie al valore, perdiana.

Sono peraltro ragionevolmente certo che, ai gigliesi, della medaglia non importa un fico secco. Importerebbe molto di più, e a piena ragione, che si sbrigassero a levare di mezzo quel popo' di tròschi di nave dalle loro acque, prima che le trasformi in un bel brodino di idrocarburi alifatici. Lo so che non è semplice, e che il relitto non è propriamente quello di un motoscafo; però i gigliesi non campano di medaglie, campano di turisti che per due mesi e mezzo all'anno vanno a fare il bagnetto in quelle acque limpide. Quindi, per l'amor del cielo, si faccia alla svelta a tirare su quello stracatacazzo di beauty farm galleggiante, e a restituire ai loro cari quei poveracci per cui è diventato una tomba; poi si conceda ai gigliesi, o all'isola del Giglio in toto, la graditissima medaglia di non far avvicinare mai più uno di quei tamburlani a meno di dieci miglia. Quella sola, e sul serio.

Mi chiedo poi: e che cosa mai avrebbero dovuto fare i gigliesi, visto che un transatlantico di assurdomila tonnellate era naufragato a cinque metri dal porto con a bordo tre isole del Giglio intere? Barricarsi nelle case chiudendo le porte a tripla mandata? Slegare tutti i pitbull e i mastini napoletani disponibili per ricacciare i naufraghi sulle scialuppe? Esporre agli ingressi degli alberghi cartelli con su scritto "Non si accettano naufraghi senza prenotazione"? E la famosa chiesa? O non è la casa del Signore sempre aperta? Che doveva fare il parroco, sprangarla perché al Signore non garba l'umido? I gigliesi hanno semplicemente esercitato un elementare atto di umanità e di soccorso collettivo in una situazione di emergenza, né più e né meno come fecero, ad esempio, quei fiorentini di Santa Croce quando, il 4 novembre 1966, si videro piombare in casa i carcerati delle Murate che rischiavano di annegare nella galera alluvionata. La quale fu aperta dal direttore e dalle guardie. Alcuni decisero poi di tornare in carcere, mentre alcuni evasero; un giovane detenuto si buttò in via dell'Agnolo allagata da tre metri d'acqua, e annegò. Ma a chi accolse in casa quei galeotti non fu torto un capello, né rubato nulla. E non ebbero nessuna medaglia al valore, anche se forse è più facile pigliarsi in casa o in chiesa quattromila naufraghi di una crociera Costa piuttosto che un centinaio di carcerati per reati vari.

Tutto questo non vuole affatto sminuire ciò che hanno fatto i gigliesi. Tutto il contrario. Ma, invece della medaglietta, bisognerebbe che esigessero che simili tragedie travestite da farse non si abbiano a ripetere, né al Giglio e né da altre parti. Titanic una sega. Il Titanic andò a sbattere contro un iceberg in mezzo all'oceano, non in uno scoglio per fare l'inchino o chissà che accidenti d'altro. Si era nel 1912 e Marconi stava ancora tentando di convincere il mondo che la radio serviva a qualcosa. Cent'anni dopo, una nave come il Costa Concordia è dotata di apparecchiature che, se ce le avesse avute l'Apollo 11, sarebbe andata su Giove, non sulla Luna. Ciononostante, la vita di quattromiladuecentotrentanove persone è stata messa in serio pericolo per qualcosa di cui non si vede il motivo. Sarà bene ricordarsene, invece di fare metafore e di proporre medaglie al valore. Invece di filosofare e di ipotizzare navi "anarchiche", ovviamente sempre come metafora della società futura. Ho una certa qual consuetudine coi testi anarchici, e non mi risulta che Malatesta, Kropotkin, Bakunin, Réclus, Alfonso Failla, Johann Most o Alfredo Bonanno abbiano mai ipotizzato navi senza un comandante. Cafiero e Bresci ammazzarono presidenti e re, non comandanti di navi. Se lo stesso Bresci non ci avesse avuto un bravo comandante che lo riportava in Italia da Paterson a bordo del Gascogne, Umberto I sarebbe andato a dormire tutto contento la sera del 29 luglio 1900.

Sono, e lo so bene, una persona poco originale. Vado avanti con delle idee e dei pensieri fissi. Sono anche abbastanza poco elastico. Infine, sono certamente un piccolo borghese con tutti i relativi e disprezzati rimasugli di buonsenso spicciolo. Il fatto è che, in questi giorni, ne ho sentite di tutte, e mi sono veramente rotto i coglioni. Questa della medaglia al valore ai gigliesi ha fatto traboccare il vaso, perdipiù nel paese degli eroi dove ogni città e ogni borgo sono medagliati per la "Resistenza", ma dove si permette ai fascisti di fare quello che vogliono. Poi ci ho un'altra idea fissa, che non riesce proprio a abbandonarmi.

Si basa, certo, su un'ipotesi. Del tutto irreale alla luce dei fatti, ma i fatti a volte spengono la luce. Poniamo che, davanti all'isola del Giglio, non fosse transitata la navona da crociera, bensì un cargo scalcagnato con a bordo un migliaio di immigranti clandestini pigiati come sardine. Poniamo che, invece di "Costa Concordia", sulle fiancate ci fosse stato scritto "Frizullo". Poniamo anche che il comandante della Frizullo, o Firozillo, seppur passibile di novecento anni di galera, sia stato abbastanza in gamba da non andare a inchinarsi contro uno scoglio, ma abbia cominciato a affondare in modo naturale, per cedimento della nave, splòp. Poniamo infine che, nonostante tutto, abbia chiamato a Livorno l'eroico De Falco un minuto dopo. Tutto ciò non si può porre, perché notoriamente, e fortunatamente per lei, l'isola del Giglio non è mai stata (e probabilmente non sarà mai) sulle rotte battute da navi del genere; non è nel canale di Sicilia e non si chiama Lampedusa. Al Giglio non ci sono "centri di accoglienza", CIE, sbarchi quotidiani, rivolte e quant'altro; quindi, tutto questo mio "porre" è frittura d'aria. Ma lo pongo lo stesso, perché è domenica mattina, ho la cervicale da tre giorni, il gatto dorme e oggi la Fiorentina le busca pure a Cagliari. Bene, chissà come la avrebbero presa, i gigliesi, in un'eventualità del genere. Avrebbero aperto le loro case a naufraghi puzzolenti e magari non ottimamente intenzionati, facendo a gara di solidarietà? Il parroco la avrebbe aperta, la chiesa? E gli albergatori si sarebbero precipitati a mettere le camere a disposizione di quei disperati? E la Bossi-Fini? E le espulsioni immediate? E il ministro che urla "Tornate in mare, cazzo!"? E quanti morti? Dove quelle rotte esistono per davvero, ce ne sono a centinaia ogni anno. Per i Lampedusani non mi risulta essere mai stata proposta nessuna medaglia al valore. Facile essere generosi e solidali quando i naufraghi son tutti bellini e rassicuranti, e quando il naufragio è stato un "una tantum" casuale e provocato da una serie immane di idiozie; mica ci sono organizzazioni intere che spediscono le carrette dei profughi, al Giglio.

Ma poiché io voglio pensare sempre per il meglio, e sono un ottimista incrollabile che sparava battute (seppur cretine) persino su un lettino di terapia intensiva ("Prelievo, signor Venturi!" "E che sono, un bancomat?"), sono certo che i gigliesi si sarebbero comportati anche in quel caso da esseri umani. Che non avrebbero fatto alcuna differenza, lassàndola altrui come diceva l'Angiolieri. Che avrebbero accolto i naufraghi della "Frizullo" (o Firozillo) allo stesso modo. Che avrebbero aperto case, chiese, alberghi, magazzini, stalle, cisterne, internet point, pizzicherie, torri medievali, fari e cabine della spiaggia. Che avrebbero dato una bella lezione a tutti quanti, altro che medaglia al valore. Che dal Giglio sarebbe cambiato davvero il vento, visto che le isole sono il regno dei venti che cambiano. Io me lo voglio propio stracredere. L'unica gigliese che ho conosciuto bene (perché abitava all'Elba) aveva un cognome strano, ma comunissimo su quell'isola: Rum. Il quale non c'entra niente con il liquore, ma deriva dalla denominazione turca dei greci ("romei", Ρωμαίοι): pensate a quali incroci e a quali naufragi quel cognome dev'essere arrivato su un'isoletta del Mar Tirreno; pensate ai gigliesi di qualche secolo fa, che non si devono essere fatti problemi a accogliere fra di loro "li turchi", quelli del "mamma li". E non c'era, allora, nessun Tirreno che proponeva appelli medaglianti, firmati anche da indefessi sgomberatori di immigrati come Matteo Renzi, da eroici fan dei "CIE umani" come Enrico Rossi e persino dal prode Marcello Lippi che s'è fatto sbattere fuori dai mondiali dalla Slovacchia.