domenica 4 dicembre 2011

Copyright


Devo sempre stare un po' attento al mio compleanno. Quest'anno, ad esempio, me lo sono passato in un reparto ospedaliero di terapia intensiva; un modo senz'altro originale, allietato da ottimi finocchi lessi e da gustose caramelline al gusto di metoprololo e rosuvastatina. Però c'era anche il pesce, marcio, in forma di corpose capsulone trasparenti di esteri etilici di acidi grassi polinsaturi (si tratta del cosiddetto "colesterolo buono", ricavato appunto dall'elaborazione degli scarti di lavorazione del pesce). Quattro anni fa, invece, era una vigilia; di che cosa non importa più dirlo adesso, anche se poi è facilmente ricostruibile -sempre che, ovviamente, la cosa interessi- da parecchi post che seguirono. Ad ogni modo, quel 25 settembre 2007 avevo deciso di trascrivere sul blog una poesia di Attila József dedicata nientepopodimeno che a Sigmund Freud; e poiché Attila József era ungherese, avevo pensato che, forse, sarebbe stato meglio inserire una traduzione italiana. In certi casi vince sempre il principio di comodità; sebbene io conosca l'ungherese sufficientemente bene da farmene una traduzione per conto mio, ne avevo trovata una già pronta in rete e l'avevo copiaincollata.

Ieri, 3 dicembre 2011, ho ricevuto una mail dalla sig.ra o sig.na Agnes Preszler, traduttrice, la quale mi ha richiesto con secca cortesia di rimuovere il testo della traduzione da quella pagina del blog di oltre quattro anni fa. Per dovere di chiarezza, specifico che la comunicazione non conteneva alcuna minaccia, e che nel post "incriminato" non avevo specificato il nome del traduttore. Sicuramente, in questo, sono inquinato dal fatto che, in vita mia, ho eseguito centinaia e forse migliaia di traduzioni dalle lingue più disparate, inserendone una discreta parte in vari luoghi della Rete e non solo non curandomi minimamente dell'uso che ne veniva e viene fatto (a prescindere dal loro valore o meno), ma anzi sollecitandone quando possibile l'uso libero anche senza specificarne la fonte. Non me ne importa assolutamente niente e non riconosco la cosiddetta "proprietà intellettuale", verso la quale nutro il più totale disprezzo come, del resto, verso qualsiasi forma di "proprietà".

Ho quindi provveduto a rimuovere immediatamente il testo della traduzione da quel remoto post, specificandone i motivi. Spero soltanto di non ricevere richieste di danni, e neppure "lezioncine morali" sul copyright e sul "lavoro intellettuale"; le seconde, anzi, mi sarebbero ancor più sgradite. Alla sig.ra o sig.na Preszler mi sono premurato di esprimere brevemente la mia più totale disistima, sebbene sia pronto a riconoscere con cognizione di causa il suo valore come traduttrice di un grande poeta comunista dalla vita tragica e morto suicida all'età di 32 anni. S'intende che, d'ora in poi, se mi capiterà di inserire qui dentro testi di poesie o di brani letterari di autori che non scrivono in italiano, mi occuperò personalmente delle traduzioni (sempre che i testi originali siano scritti in una lingua che più o meno conosco); continuerò però a non autonominarmi. Negli ultimi tempi ho autenticamente in odio l'autoreferenzialità. Potrei, anzi, indicare come traduttori dei nomi di fantasia. Non desidero che mi sia "riconosciuto" alcunché di ciò che faccio; chi lo desidera, ne faccia l'uso che vuole e senza citarmi. Mi considero un mezzo, ancorché sovente imperfetto e opinabile, e non un centro.

Post Scriptum. Mi sono accorto che dal post di 4 anni fa è scomparsa anche la foto di Attila József che vi avevo inserito; si tratta, evidentemente, di un'operazione automatica che la piattaforma Blogspot compie sulle immagini "protette da copyright" (in questo stesso blog se ne hanno decine di altri esempi). Sappiate dunque che anche le vostre immagini, che siate poeti ungheresi o coltivatori diretti di Sant'Arcangelo di Romagna, non sfuggono al "diritto di copia" e che c'è sempre qualcuno pronto a "farlo valere". Le vostre facciazze, insomma. Mi sia permesso di sogghignare vagamente pensando agli amiconi di "Facebook", chissà se un giorno si ritrovassero tutti "copyriggati"; giungerei persino a ipotizzare che qualcuno, prima o poi, richiederebbe a se stesso la rimozione della propria faccia. La quale è sí un diritto inalienabile, che proprio Facebook calpesta quotidianamente, scientificamente e volontariamente. E impunemente. Che buffo mondo.