martedì 20 settembre 2011

Terremoti giapponesi


Itō Noe era nata il 21 gennaio 1895 a Imajuku, sull'isola di Fukuoka. La aspettava, come tutte le giapponesi, una vita di obbedienza assoluta ad ogni tipo di autorità in una società rigidamente gerarchica, codificata, ritualizzata. Giapponesi come geishe, come complemento portafigli, come prigioniere, come escluse; Itō è una deviazione.

Dotata di temperamento artistico, si iscrive alla scuola femminile di Ueno, a Tokyo; non le sarebbe del resto stato possibile fare altrimenti, in un'epoca in cui non esistono classi miste (né in Giappone, e né altrove). A 15 anni, mentre è ancora a scuola, sposa un tale Fukutaro, di vent'anni più vecchio di lei; costui si impegna a sostenere la sua formazione artistica e culturale, ma non è minimamente in grado di tenere fede a quanto sottoscritto. Del resto, Itō non era minimamente innamorata di lui; lo aveva sposato con la speranza di emigrare negli Stati Uniti. In seguito, confiderà alla sorella che, una volta arrivati in America, lo avrebbe immediatamente lasciato. Poco dopo il matrimonio, Itō stringe una grande amicizia con il suo insegnante di inglese, Jun Tsuji.

Jun Tsuji è a sua volta uno che ha preso un'altra strada, e assolutamente impervia. E' un anarchico dichiarato, e il primo traduttore in giapponese dell'Unico e la sua proprietà di Makusu Sutiruneru, vale a dire Max Stirner. Una sedicenne giapponese che si avvicina all'anarchismo è qualcosa di assolutamente impensabile nel Giappone dei primi anni del '900; l'amicizia con Jun Tsuji si trasforma in amore e impegno politico. Diplomatasi a 17 anni, Itō Noe entra nella Seitō-sha, una scuola artistica semiuniversitaria femminile; quasi immediatamente inizia a collaborare con la rivista di blanda avanguardia pubblicata dalla scuola, e che reca lo stesso nome.

A 18 anni e mezzo lascia il marito, che non è più nemmeno in grado di sostenerla economicamente; sei mesi dopo sposa Jun Tsuji, dal quale ha due figli. A vent'anni è già redattrice capo della rivista, alla quale imprime subito una svolta radicale. Da blanda rivista artistica femminile, seppure "tenuta d'occhio" e invisa alle autorità, Seitō diviene una pubblicazione di critica sociale radicale e femminista. Uno dei primi atti, è la traduzione e la pubblicazione di The Tragedy of Woman's Emancipation di Emma Goldman; nel frattempo, Itō ha conosciuto uno dei principali anarchici giapponesi, Osugi Sakae, che la aiuta nella traduzione e nella pubblicazione. Osugi è, a sua volta, il redattore capo della rivista libertaria Heimin Shinbun ("Giornale dell'uomo del popolo"), in sostituzione del suo fondatore, Sanshiro Ishikawa. Lo sostituisce perché Sanshiro si trova in carcere, fin dal 1908, per atti sovversivi e incitamento alla rivolta sociale. Nel 1916 la rivista viene chiusa d'autorità, e Itō Noe ne prende le difese dalle pagine di Seitō.


Osugi Sakae.

Traducendo insieme Emma Goldman, Itō Noe e Osugi Sakae (che hanno rispettivamente, all'epoca, 21 e 30 anni) instaurano un rapporto basato sul libero amore, che trova coerentemente d'accordo anche Jun Tsuji. Nel Giappone tradizionale e conservatore, quello che piace tanto ai fascisti di casa nostra, la cosa provoca un autentico terremoto; lo scandalo si accresce ancora quando Osugi viene ferito a coltellate in una casa del thè dalla sua prima amante, Masaoka Itsuko, a sua volta militante femminista. Osugi era peraltro sposato; ma sua moglie, Hori Yasuko, era amica di Itō Noe.

Come è prevedibile attendersi, se lo scandalo non risparmia nessuno dei protagonisti, un accanimento ancor maggiore viene riservato a Itō Noe, per l'elementare fatto che si tratta di una donna. Invece delle cazzate sulla preparazione del thè, costei si dedica alla fondazione e alla crescita del movimento femminista anarchico giapponese; nel 1921 fonda un gruppo di donne socialiste a Sekirankai, e continua a tradurre le opere di Emima Goruduman e di Kuropotikin (Kropotkin). Il movimento anarchico giapponese assume ad un certo punto dimensioni tali da preoccupare seriamente le autorità; e quando le autorità sono preoccupate, la cosa fa rima con liquidazione.

Il 1° settembre 1923, Tokyo viene rasa al suolo da un terremoto che provoca oltre 100.000 morti; una delle primissime preoccupazioni del governo e delle forze armate giapponesi è quella di dichiarare ai superstiti che gli anarchici ne avrebbero approfittato per prendere il potere e rovesciare l'Imperatore. Nelle ore immediatamente successive al disastroso sisma, squadre della polizia militare vengono inviate non a prestare soccorso, ma a dare la caccia ai pericolosi sovversivi; una di esse raggiunge Itō Noe e Osugi Sakae.

La squadra è guidata dal tenente Masahiko Amakasu, che arresta Itō, Osugi e il nipotino di costui, un bambino di soli sei anni. Il 16 settembre, tutti e tre sono ammazzati di botte; i cadaveri vengono gettati in un pozzo, dove vengono ritrovati il giorno dopo. Succede qualcosa di difficilmente immaginabile fino a poco prima: pur nel caos del dopo terremoto, il Giappone intero insorge per l'assassinio dei due anarchici e di un bambino. Le autorità, prese alla sprovvista, sono costrette ad arrestare il tenente Amakasu, che viene condannato a dieci anni di carcere da scontare nel penitenziario di Chiba. Dopo soli due anni, però, Amakasu viene liberato, beneficiando dell'amnistia generale in occasione dell'ascesa al trono dell'imperatore Hiro Hito.


La prima pagina del quotidiano "Mainichi Shinbun" del 17 settembre 1923, interamente dedicata all'assassinio degli anarchici e del bambino.

Masahiko Amakasu.

Il fatto viene definito, naturalmente, un incidente. Così, infatti, è passato alla storia: l'Incidente di Amakasu. Per fare fronte all'indignazione popolare, le autorità militari giapponesi ricorsero ad espedienti che è facile immaginare: mele marce, episodio isolato, tragica fatalità; vorrei dedicare tutto questo a chi si diletta, ancora oggi, a cianciare ammirato di Giappone tradizionale, di "codici d'onore", di Bushido e di Yukyo Mishima.

La storia sarebbe finita qui; ci sono però da dire due o tre altre piccole cose.

Il tenente Amakasu, una volta liberato, fu alla chetichella mandato in Francia a studiare; nel 1931 lo ritroviamo, con la sua bella faccina di merda da dalai lama, a Mukden, in Manciuria. Non è un posto a caso: proprio con un altro incidente (l'incidente di Mukden, appunto), il Giappone ne ha approfittato per invadere la Cina e per instaurare lo stato-fantoccio del Manchukuo. Direttamente alle dipendenze del locale capo dello spionaggio giapponese, Kenji Doihara, Amakasu si occupa della produzione e dello spaccio di oppio e del contrabbando di ogni sorta di generi nel resto della Cina. Ad un certo punto prende ad occuparsi di altre due cose solo apparentemente molto diverse l'una dall'altra: organizza la polizia nella nuova capitale del Manchukuo, Hsinking, e diviene il capo della Manchukuo Film, potentissimo strumento di propaganda.

Non è un caso se la figura di Masahiko Amakasu, il liquidatore extragiudiziale degli anarchici giapponesi, si ritrova quindi in un celebre film: sto parlando, naturalmente, de L'ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci, dove è interpretato dall'attore Ryuichi Sakamoto. Lo stesso Amakasu, del resto, ebbe un ruolo decisivo nel mettere sul trono del Manchukuo l'ultimo imperatore della dinastia Qing, Aisin Gioro Pu Yi. Il 20 agosto 1945 Masahiko Amakasu si suicidò; nel film di Bertolucci si spara un colpo alla testa, mentre in realtà ingerì del cianuro di potassio.

Nel 1969, la vicenda di Itō Noe e Osugi Sakae era stata trasposta in un film che è considerato uno dei primi capolavori della New Wave nipponica. Diretto da Yoshishige Yoshida, si intitola Erosu purasu gyakusatsu, ovvero "Eros e massacro". Nel film, considerato all'epoca una sorta di terremoto in Giappone, due studenti svolgono una ricerca storica sui fatti, riflettendo soprattutto sulle tematiche del libertarismo e del libero amore. Ad un certo punto, i personaggi del passato e del presente si mischiano impegnandosi in quelle tematiche; Itō Noe ritorna, e assieme a lei una storia che ci presente un Giappone lontanissimo dai samurai e dai luoghi comuni.