giovedì 9 giugno 2011

Lo sgabuzzino di Friburgo


Di sgabuzzini, nella mia vita, ne ho avuti parecchi. Quello di Friburgo era particolarmente angusto: il semplice ingresso ad un monolocale già piccolo di per sé, dove mi ero ricavato uno spazio. Un tavolino, una lampada, gli scaffali che dovevano servire per i vestiti occupati da un po' di miei libri, una lampada dell'Ikea. E manifesti ovunque. Era il 2004; e Cesare Battisti c'era, come c'era la sua storia, come c'erano i suoi libri, come c'era il suo viso.

Chissà che fine ha fatto, quello sgabuzzino; chi ci sarà adesso, chi se ne servirà senza sapere nulla. Ad un certo punto sono dovuto andare via; tutto è stato staccato, imballato, messo in valigie. Oggi Cesare Battisti è un uomo libero. Oggi non posso avere, finalmente, altre parole che quelle riportate sul manifesto di Militant Blog. Non potrei aggiungerne neppure mezza, nemmeno se volessi!

Per il resto, ho il grande piacere di infischiarmi di tutto il resto. Delle reazioni in Italia; di uno zero spaccato come la Meloni, la quale dice che i brasiliani le hanno dato uno schiaffo (ad una del genere ci vorrebbe sì che tutti i brasiliani, duecentocinquanta milioni uno per uno, la pigliassero a ceffoni nel muso); dei napolitani, dei fassini, dei parmiggiani o come cazzo si chiama, dei giornali, di tutti quanti. Dalle cinque di stamani, nove giugno duemilaundici, qualcuno costringe finalmente questo paese di merdosi e di servi a rifare qualche conto con la storia, e a rifarlo alla svelta. Questo, e non altro, ci interessa; del resto non ci interessa più.