lunedì 30 agosto 2010

Preklady


Preklady è una parola slovacca che significa traduzioni. Se a qualcuno pungesse vaghezza di saperne il singolare, basta togliere la -y finale: preklad. Così, ora, sapete anche come si fa il plurale di molti maschili in slovacco: basta aggiungere una -y.

A proposito di Slovacchia: oggi a Bratislava, la sua capitale, un tizio ha compiuto una strage. Sette morti e quindici feriti. È una delle poche cose, questa qui, che ancora ci fa sentire, in questo stramaledetto paese, relativamente sihuri: il folle che, invasato e armato fino ai denti, si mette a sparare per strada a tutto quello che si muove. Fino a qualche tempo fa era prerogativa quasi esclusiva dell'America; però, poi, ci si è accorti che succede un po' dovunque. Sempre lontano, però: oggi è toccato alla tranquillissima Slovacchia. Il tizio spara all'impazzata e stermina un'intera famiglia rom in casa propria, in un sobborgo chiamato Devínska Nová Ves (tedesco Theben-Neudorf, ungherese Dévény-Újfalu), e una vicina che si era incautamente affacciata alla finestra per vedere che diavolo stesse succedendo. Tra le altre cose, si scopre che, in Slovacchia, i rom vivono in normalissimi appartamenti e che persino in questi riescono ad essere sterminati.

Quando le famose agenzie cominciano a battere la notizia, è giocoforza che si tratti di agenzie slovacche; prima fra tutte, ovviamente, la TASR. Ci sono anche fotografie e video amatoriali del tragico accaduto, ivi compresa quella dello sparatore, la quale ritrae un uomo sicuramente adulto; è quella che vedete in testa al post. Nonostante questo, i giornali di tutto il mondo, basandosi su chissà quale rimbalzo in inglese (ché l'inglese è la world language e quindi ha sempre ragione), cominciano a riportare che l'autore del massacro è un ragazzino di quindici anni. Anzi, per essere precisi: un quindicenne tossicodipendente forse sotto l'effetto di alcool e droga. Titoloni ovunque. L'adolescente folle si avvicina.

Il fatto è che, in questo mondo che si vorrebbe unilingue, si fa un'estrema fatica a pensare che di lingue differenti dall'inglese ne esistano ancora parecchie. Lo slovacco, ad esempio. Una lingua ancor più perfida di quei loro calciatori che hanno osato buttarci fuori la Nazionale dai mondiali, dove il numero "15" si dice pätnást' e "50", invece, pät'desiat. Facili da confondere, sicuramente (ma, a pensarci bene, anche fifteen e fifty sono altrettanto simili fra loro). È bastato che un qualche ignoto rimbalzatore di agenzie confondesse i due numeretti slovacchi, e lo stragista è diventato un quindicenne tossicodipendente nonostante i video e le foto; e lo è diventato globalmente.

Immagino, stamani, torme di opinionisti e di esperti fregarsi le mani e sbrodolare dalla felicità: in piena Europa, anzi in un paese che fa parte della Unione Europea, l'adolescente folle è finalmente all'opera. Ovviamente drogato e briaco. Nessun dubbio ha attanagliato le masse: oramai viene ritenuto del tutto normale che un quindicenne si metta a sparare per la strada con un mitra Z58. Probabilmente già pronti i titoloni del giorno dopo: il ragazzino assassino, l'ondata di follia che si propaga in Europa, il disagio mortale dei nostri ragazzi. All'improvviso, però, oplà. Non era un quindicenne, ma un cinquantenne. Su nessun giornale, giornalino o giornalone compare un rigo di rettifica. Giornalettismo globale. Eppure sarebbe bastato dare un'occhiata alle foto.

Cominciano a trapelare le prime indiscrezioni. Come sempre accade in questi casi, il ministro degli interni slovacco esordisce coll'escludere qualsiasi motivazione razziale. Le autorità di tutto il mondo sono sempre preoccupatissime che, nel loro paesello di competenza, le motivazioni razziali siano escluse. Fingono magari di non sapere che, in Slovacchia come in Italia o dovunque, ci sono non pochi cittadini che, alla notizia, hanno applaudito lo sterminatore dei Rom (che avesse quindici o cinquant'anni). Poi si viene a sapere che lo sterminatore era un ex poliziotto; le motivazioni razziali così tanto escluse si fanno invece strada. Insomma, tutto normalissimo: l'ex poliziotto, l'arsenale di armi, l'odio, la morte. E le traduzioni sbagliate, com'è successo pochi giorni fa anche qui molto vicino.

Ho fatto, per anni e anni, il traduttore. Torme di signore e signorine mi hanno costretto a passare nottate in bianco a riguardare ogni parola di qualche manualaccio tecnico di merda, di istruzioni per elettrodomestici, di stupidissimi e pomposi contratti di compravendita. Sembrava che da ogni singola parola di quelle cose dipendesse costantemente l'avvenire dell'umanità, e che la vita del Cliente di turno fosse legata alla consegna alle ore 9. Quando poi le traduzioni sarebbero davvero importanti, per la correttezza dell'informazione o per la vita di una bambina, tutto viene ignorato o preso a pretesto per le criminali idiozie di qualche stronzo di leghista. Divento, quindi, sempre più autenticamente asociale e continuo, per mio conto, a leggere bene ogni parola e a esercitare il dubbio; e continuo a cavare dai miei scaffali dizionari polverosi, relitti di una vita intera, depositi di lingue che mi sto dimenticando.