sabato 2 gennaio 2010

Vuelve a intentar, Roberto


Non lo so come cazzo dev'essere andata. Scavare un buco in una galera, certo, non è cosa semplice. Bisogna avere una pazienza infinita e non fare rumore. Si arriva, poi, a un passo dalla libertà e tutto va alla malora. Per un traditore, o per non aver scavato abbastanza. Quando già si crede di avercela fatta.



Come Roberto Carrillo, 42 anni, detenuto nel carcere di Valle Hermoso (cosa abbia di hermoso una valle contenente una galera, non è ben chiaro), stato di Tamaulipas, Messico. Quel maledetto buco nel soffitto, tra le sbarre, era troppo stretto. Ci è rimasto incastrato all'altezza del culo, a testa all'ingiù, quando oramai era passato quasi tutto. I vecchi detti, ci son delle volte che dovrebbero andare davvero a farsi fottere; come quello che dice che quando è passata la testa, è passato tutto. 'Sto paio di coglioni. Andatelo a dire a Roberto, questo vecchio detto.

Gli è toccato, probabilmente, gridare per fare accorrere gli agenti, a tirarlo fuori di lì. E ci sono andati, come si vede nella foto. Tutto questo per far fare due grasse risate ai secondini; e quel che aspetta Roberto Carrillo è facilmente immaginabile. Isolamento diurno. Nuovo processo. Supplemento di pena. Non solo. Gli tocca, a Roberto, anche lo scherno di essere stato fotografato in quella posa, in quel momento tragicamente ridicolo. Gli tocca fare il giro delle colonne delle curiosità nei portali giornalistici.

Io non ho nessuna voglia né di prenderlo in giro, né di trarre "morali". Ho voglia invece di dirgli di riprovarci. Quando e come potrà. Perché dalle galere è un dovere scappare. Da qualsiasi maledetta galera di qualunque schifoso stato del mondo, che si chiami Tamaulipas o Sollicciano. Ho voglia di dirgli di non arrendersi. E anche d'avere più pazienza, la prossima volta; d'escogitare un nuovo sistema, oppure d'allargare un po' di più quel buco di merda. Di farli trottare, gli agenti, ma in modo diverso, quei panzoni.