sabato 14 novembre 2009

Buoni e Cattivi, ovvero Crocifissi e Manganelli


La foto che vedete qui sopra è stata scattata in via della Colonna, a Firenze, lo scorso 11 maggio, davanti al liceo classico Michelangelo. Vi si vede, senza tanti preamboli, un gruppo di studenti medi fiorentini impegnati nell'essere presi a manganellate, a calci e a cazzotti dalle forze dell'ordine, durante una manifestazione. Una vera propria caccia al liceale, quell'undici maggio: DIGOS, forze antisommossa, Squadra Mobile, una quindicina di fermi, venti denunce. In una parola sola: repressione. Quando i ragazzini e le ragazzine non fanno i bravi e le brave, ci pensa la Polizia a far capire loro come va il mondo. Il mondo va come vuole che vadano i bravi presidi-carcerieri, come tale Massimo Primerano, il quale ha trasformato la sua scuola (il liceo Michelangelo, giustappunto) in una galera: per rendersene conto, basterebbe leggere il regolamento interno che ha imposto agli studenti.

Ci sono, ahimé, tanti, troppi studenti cattivi di questi tempi. Stanno tornando ad alzare la cresta, a non volerci più stare. Ad opporsi anche all'erosione delle ultime libertà, alle ultime superstiti conquiste dei loro genitori; genitori che, va detto, in diversi casi, passati gli anni, hanno messo la testa a posto e che, quando i figli e le figlie occupano la scuolina per protestare contro condizioni di studio e di vita che oramai somigliano a quelle di autentiche prigioni, non esitano a farla sgomberare. Sempre così: con l'eterno aiuto del signor preside-kapò e della DIGOS. Minacce, intimidazioni, manganelli, arresti. Sul blog della Rete dei Collettivi la situazione attuale è fotografata nella sua interezza:

"Le reazioni le abbiamo viste: presidi e questura si sono immediatamente mobilitati e riuniti al fine di accrescere i fascicoli che questi spioni hanno già da tempo creato sulle nostre teste, al fine di farci credere che tutto sta andando bene, al fine di reprimere queste lotte che sono ribellione, analisi e crescita. Si sono sprecate minacce di denunce, convocazioni da parte della DIGOS, invio di volanti davanti alle scuole occupate, in un clima di intimidazione che ci fa ricordare come ogni giorno le scelte sulla componente studentesca sono prese arbitrariamente da qualcun altro, che i rapporti negli istituti non sono paritari, che l'autoritarismo scolastico prepara lo studente a quando sarà reso precario, sfruttato e instabile da una città militarizzata e da un datore di lavoro. L'azione repressiva è andata in crescendo negli ultimi tempi, partendo dalle denunce e sospensioni agli studenti nell'Ottobre 2008, passando per i fermi senza nessun capo d'imputazione agli studenti diretti alla manifestazione contro il g8 di Luglio scorso (con relative perquisizioni in casa e deportazioni in questura per 12 ore) e le cariche agli studenti di Maggio, finendo con le irruzioni in 15 case di venerdì 6 e l'arresto immediato con isolamento a Sollicciano di Francesco."

Ma si sa: per tutti questi studenti cattivi che ancora non hanno perduto il desiderio ed il senso della lotta, ce ne sono -somma fortuna!- di buoni e virtuosi che portano avanti le vere battaglie che contano, finendo addirittura con nome e fotografia sui giornali cittadini. Ve ne presento uno, che in questi giorni ha ottenuto molta réclame da parte dei pennaioli cittadini di regime. Un bravo, santo e illuminato studente che ha trionfato nell'importantissima pugna di rimettere il crocifisso in classe.



Eccolo qua: si chiama, a quanto si legge, Guido Scatizzi ed è allievo della classe 1a A del Liceo Classico "Galileo", sempre a Firenze (e come dubitarne? In tutti i licei classici, la sezione A è quella dei "bravi"). Ha avuto persino l'onore di un articolo sul Corriere, che vale la pena di leggere. Contiene tutto ciò che da un bravo ragazzo di sedici o diciassette anni si aspetterebbe questa società. Per chi non abbia però voglia di leggersi tutto l'articolo, farò un piccolo riassunto contenente i fatti salienti.

Guido Scatizzi, che naturalmente è un bravo studente cattolico osservante, si è accorto con orrore che nelle aule del suo liceo non c'era più il crocifisso. In questa scuola attuale, naturalmente, questo è il problema basilare: e il prode Guido è partito in tromba. Democraticamente, va da sé: tutto l'articolo è permeato da quintali di assemblee, discussioni e dibbbàttiti con i compagni. Sia mai che il Guido venga presentato come un bigotto ragazzetto con una faccia da similprete (che, invero, ha tutta quanta): dev'essere invece fatto rimarcare il suo autentico anelito democratico, con tanto di votazione. Ovviamente, per lo Scatizzi, "Togliere il crocifisso dalle aule è un'ingiustizia contro le nostre radici culturali"; e per dire tutto questo ha dovuto iscriversi al liceo classico. Sarebbe bastato che avesse comprato tutti i giorni La Padania. Ma come sono presi, 'sti ragazzi cattolici, dalle radici culturali; e dire che, ad un liceo classico, se proprio vogliono le radici culturali che dicono di studiare, invece dei crocifissi dovrebbero appendere in aula i ritratti di Platone, di Catullo, di Aristofane, di Seneca.

Ma, naturalmente, il Guido è anche un ragazzo di oggi: poteva, ad esempio, per sostenere la sua santa battaglia, non ricorrere a Facebook? Detto, fatto: ed ecco l'immancabile gruppo Facebook, da lui fondato ed intitolato: Il crocifisso nelle aule è un diritto. Mediante discussioni e votazioni, per le quali -afferma orgoglioso- è andato persino a rispolverare un Regio Decreto del 1924, lo Scatizzi è riuscito a convincere la maggioranza. Un vero e proprio Pierferdinando Casini in sedicesimo. Una Binetti sui banchi di scuola. "Si rimette solo se c'è la maggioranza", afferma solenne il Guido Scatizzi. Intanto, però, l'iniziativa viene approvata con gridolini orgasmici dalla preside, tale Lucia Anna Calogero (la quale, con un nome del genere, non poteva fare che la preside: nomen, omen):

"Personalmente — dice — sono feli­ce della loro scelta. Però quando mi hanno chiesto il permesso di discuter­ne non ho espresso la mia opinione. Hanno deciso liberamente, senza con­dizionamenti. Nel 2002, quando sono arrivata qui, qualcuno li aveva tolti, ma ci sono ancora e se me li chiedono sono a disposizione. Sono un simbolo di civiltà, e non vedo perché debbano essere messi da parte".

Un "simbolo di civiltà". Esattamente così, infatti, pochi giorni fa il crocifisso è stato definito da Carlo Giovanardi. Lo stesso che, poi, non ha esitato a insultare un ragazzo morto, ammazzato, e stavolta davvero messo in croce, da un gruppetto di fedeli servitori dello stato. Ma come sono bravi e democratici, questi crocifissanti, sia che siedano sui banchi di un liceo, sia su quelli del parlamento. E com'è felice la signora Preside, la quale peraltro non esiterebbe un momento a chiamare i manganellatori per fare sgomberare la sua scuola da altri studenti, da quelli cui non importa una sega nulla né dei crocifissi, né dei simboli di una civiltà che altro non sa dare che repressione, schiavitù e morte.

E se proprio il bravo Scatizzi Guido volesse far appendere qualche cos'altro nella sua classe, gli suggerirei l'immagine di un suo coetaneo. Un ragazzo di diciotto anni che l'ha incontrata sul serio, la civiltà. Questa:


E non ho alcun dubbio che quel simbolo di civiltà cui lo Scatizzi tiene tanto, sia sempre regolarmente appeso nelle aule di tribunale, nelle caserme dei carabinieri, nelle questure, e nei sottosuoli dove si tortura. Chissà quanti ce n'erano, di quei simboli di civiltà, in una certa scuola di Buenos Aires.