lunedì 19 gennaio 2009

Caterina e il decoro


Uno dei principali difetti in assoluto dei bambini, forse il principale in assoluto, è quello di diventare grandi.

Ne farò un esempio pratico, in questi giorni di consuete stragi (di bambini, in discreta parte), di drammi pallonari (l'Inter che perde “a Atalanta”, come disse tempo fa un calciatore mediamente famoso durante un'intervista), di intercettazioni a base di kalashnikov, sangue e canzonette melense, di presidenti napolitani e di tutto il normalmente disgraziatissimo resto.

Sono sicuramente e biologicamente stati bambini i funzionari e gli agenti della Polizia Municipale fiorentina che, giorni fa, hanno avuto una pensata straordinaria.

Dovete sapere che in questi tempi si è aggiunta una nuova parola al lessico delle idiozie del “XXI secolo”. Non paghi della tolleranza zero e di altre parole e espressioni create e veicolate da tutto quel miscuglio di egregi pensatori preposti al trattamento del volgo, hanno rispolverato un antico termine che tutti credevano oramai sepolto nelle polverose soffitte del vocabolario: il decoro.

Per quella strana proprietà che hanno tali termini, ovvero quella di stare sempre nelle bocche e nelle penne di chi porta in sé il loro esatto contrario, tale parola è chiaramente usata a dismisura dagli esseri più orrendamente indecorosi con cui dobbiamo avere a che fare; ad esempio, la si ritrova spesso nell'oramai famosa Guida alla civile convivenza fatta preparare dall'assessore fiorentino Graziano Cioni, quella dei lavavetri, dei mendicanti sdraiati, del divieto di stendere i panni fuori dalle finestre eccetera. Quel che poi sia accaduto dopo al Cioni, è risaputo, come dovrebbe essere risaputo quali siano i metodi e i fini delle consorterie politico-affaristiche che governano qualsiasi città, qualsiasi ente, qualsiasi stato.

Sempre a Firenze, oramai da molti anni, esiste una specie di “istituzione”. Un taxi. Un'automobile di marca Chrysler che la titolare e proprietaria, la tassista Caterina, ha trasformato in un fantasmagorico e allegro carrozzone da circo, e sul quale si guadagna il pane. Vestita come una specie di fata delle fiabe e con un cappellone multicolore, porta a giro la gente sul suo “Milano 25” in mezzo a decalcomanie, pupazzetti, scope da strega, bambolotti, e chi più ne ha, più ne metta. Lo fa da quando il marito, pure tassista, è morto all'età di 39 anni per una brutta malattia. Ci ha, su “Milano 25”, il logo della fondazione Tommasino Bacciotti, intitolata a un bambino di pochi anni morto qualche tempo fa per una malattia altrettanto brutta, e che si propone di raccogliere fondi per cercare di combatterla. Fa, col suo taxi, l' "ambasciatrice dei bambini", e ci viaggia pure per mezzo mondo; e ha pure un suo sito internet.

Caterina ha sempre un bel sorriso, trasporta a gratis i bambini (e i loro genitori) che si recano all'ospedale pediatrico Meyer, a volte -come tutti gli automobilisti- fa qualche manovra azzardata (la sera di venerdì scorso mi ha tagliato la strada in piazza della Stazione, beccandosi una doverosa strombazzata di claxon), porta su un cartello a forma di cuore scritto in tutte le lingue, cerca di sensibilizzare la gente nei confronti di cose verso le quali, di solito, si volta la testa da un'altra parte, si farà con questo -perché no- anche un po' di pubblicità ed è qualcosa che non ho mai visto in nessun'altra città, perlomeno italiana. Soprattutto, è una persona che, con il suo taxi addobbato in quel modo, non solo non fa del male a nessuno, ma, anzi, cerca come può di fare del bene. Non è che la normale attività lavorativa che svolge sia ostacolata dai pupazzetti, dalle decalcomanie e dalla fondazione Tommasino Bacciotti. Non è che l'automobile Chrysler sia da questo impedita nella regolare circolazione, includendo in questa anche qualche manovra a cazzo di cane (che tutti gli automobilisti fanno). Così è andata per anni e anni, e sfido qualsiasi fiorentino, che anche non abbia mai preso un taxi in vita sua, a dirmi che, vedendola passare, non abbia perlomeno sfoderato un sorriso. Ché anche questa non sarebbe una cosa da sottovalutare, in questi tempi di facce sempre più torve.

Ma Caterina, nei giorni scorsi, è incappata nel decoro.

Qualche funzionario o agente della Polizia Municipale, quella cosa che ancora molti si ostinano a chiamare Vigili Urbani, e quella cosa che l'assessore Cioni manda a sdecoreggiare il lavavetri, il mendicante, la massaia che stende i panni e tutto il resto in nome della civile convivenza dell'opuscoletto pagato dall'amichetto palazzinaro di turno, si dev'essere accorto dopo un secolo che per le strade di Firenze circolava quel bizzarro taxi.

Ha quindi preso il suo regolamento, ché ogni imbecille ha sempre un qualche regolamento alla mano, e ha multato la Caterina perché il suo taxi “non rispondeva ai criteri di decoro propri di un mezzo adibito a pubblico servizio”. Non solo: se voleva continuare la sua attività, oltre a pagare la multa (non ricordo se di 108 o 158 euro, qualcosa del genere), la Caterina doveva rimuovere ogni cosa dal suo taxi. Così ha dovuto fare: ha pagato la multa e ha sbiancato la Chrysler. D'ora in poi, per Firenze, niente più “Milano 25” tutta istoriata, niente più cappelloni multicolori, scope da strega e fondazioni Tommasino; niente più sorrisi al passaggio. Il regolamento di Pi Emme desidera il decoro. In modo del tutto stupido e indecoroso, come sempre. In modo da eliminare ogni traccia di fantasia, che in questo caso è coniugata probabilmente anche con una certa quantità di bontà. In modo da ricondurre tutto al grigio, anche se in questo caso è il bianco dei taxi fiorentini. Madonna, che termini sto usando: fantasia, bontà. Sono questi i termini, oramai, veramente desueti. Al contrario del decoro di lorsignori e dei loro indecorosi, incivili regolamenti. Ché bisognerebbe spiegar loro, una buona volta, che cosa veramente significhi civiltà. Ai suoi tempi, questi qui avrebbero multato anche Michelangelo Buonarroti se lo avessero sorpreso a graffitare su un muro.

Chiaramente, nessuno muove un dito quando vede passare, che so io, gli autobus urbani ricoperti su ogni millimetro quadrato di pubblicità di ogni tipo; da tempo non si monta più sul 14, sul 27 o sul 96, ma sul Figurella, sullo yogurt Vitasnella, sul carne Simmenthal. Monto sul 32 e vengo inghiottito dalle fauci di Reinhold Messner e dall'acqua Levissima (purissima, carissima, multinazionalissima nestlissima). All'interno, cartelli in tutte le lingue dichiarano che la violenza sulle donne è sempre un crimine mentre un vecchietto bavoso urla sproloqui contro una ragazza: “Ci credo che vi violentano se andate vestite così!”. Ecco il nostro tempo, questo nostro decoroso tempo. Il tempo che non tollera nemmeno un taxi pitturato. Tolleranza zero, appunto. La tolleranza zero dei decoroni.