sabato 6 settembre 2008

My ball is back


Non so cos'è che ci lega alle cose, dico proprio agli oggetti. Qualcosa, credo, è la forza di associazione che genera i ricordi lunghi, quelli che non se ne vanno; sono cose in generale semplici, spesso addirittura dozzinali. Come, ad esempio, una banalissima palla di plastica gialla, marca “Super Tele”. In vendita nelle cartolerie, nelle mesticherie, ai mercatini per pochi spiccioli.

Diciott'anni fa, nel 1990, ce ne avevo una. Me l'ero portata in Grecia, per le vacanze (probabilmente immeritate anche allora) per giocarci in mare, perché fare a pallonate in mare m'è sempre piaciuto. Ero sull'isola di Spetses. Un pomeriggio di caldo infernale, quando stare in acqua era appunto l'unica salvezza.

Ci stavo giocando da solo quando un refolo di vento, una di quelle ventate che anche nei giorni più caldi, al mare, arrivano a dare dieci secondi di frescura, me la portò via. Ebbi un moto di sufficienza, pensando di poterla raggiungere facilmente; ma non ci fu nulla da fare. Prese il via in mare; quando mi accorsi che era troppo tardi, che s'era beccata una perfida corrente e che si stava allontanando nel mar Egeo per farsi la sua personale Odissea di palla gialla, mi prese un moto di disperazione.

Non ero un bambino, avevo ventisette anni. Ma quella palla banale, comune, mi ricordava probabilmente di quand'ero bambino, di quando giocavo per ore in mare all'Elba. O forse mi ci ero semplicemente affezionato, perché sono uno che lo fa sempre nei confronti degli oggetti qualsiasi. Non ci posso fare niente. Come se avessero una vita, un'anima. Come se le mani che li hanno fatti fossero in qualche bizzarro modo in contatto con me. Qualunque momento di gioia, di pace o di chissà qual altra cosa mi regalino, diventano una parte di me.

Sembra che fui colto dalla ragazza che era con me allora e da altri bagnanti mentre, in piedi in mare e con aria da ragazzino disperato gridavo “My ball! My ball!”. In inglese, chissà perché. Mi venne spontaneo, quasi a volermi far capire da tutti. Ma niente. Nessuno andò a ripigliarmela, la palla “Super Tele” gialla. La vidi allontanarsi nel mare, e scomparire rapidamente. E ogni tanto mi capitava di ripensarci.

Senonché oggi, 6 settembre 2008, è successa una cosa. Avevo steso i panni fuori, e sono andato a controllare se erano asciutti. Giusto pochi minuti fa. Ho aperto la porta e sono andato a toccare le magliette e gli asciugamani. Proprio davanti allo stendipanni c'era una cosa.

Una palla “Super Tele” gialla, completamente identica a quella persa in un'isola greca diciott'anni prima. Lì per terra, nel cortile, immobile.

Mi dispiace per il bambino che l'ha persa, se lo sentirò gridare o piangere giuro che vado a ricomprargliela seduta stante. Ma era tornata. Aveva fatto il suo lungo, lunghissimo giro per il mondo. Aveva visto terre lontane, e mari, ed occhi e mani; felice chi, come Ulisse, ha fatto il suo viaggio, e poi è tornato, dopo tante traversate, al paese dei suoi verdi anni.

Me la sono presa in mano e toccata, e non ci ho pensato nemmeno due secondi: l'ho infilata nel bagagliaio della macchina. E guai a chi me la tocca, perdio. No, non la riporterò al mare; ci fosse mai un'altra ventata assassina che me la riporta via! My ball is back, e sto sorridendo.

1 commento:

nico ha detto...

Incredibile Ric! Quando succedono queste cose la mente comincia a camminare in modo vorticoso e non riesce più a fermarsi! Ti vengono addosso tutte quelle cose, piccole e grandi, legate a quella piccola cosa che è successa, indipendentemente da come è successa. Quei piccoli particolari, che se quella cosa non fosse successa mai più ti verrebbero a rompere piacevolmente i coglioni nella tua minuscola testa in confronto con la quantità di dettagli che deve immagazzinare.
Non importa se quel bambino rivorrà la sua palla. Quello che importa è che ormai questo bellissimo post lo hai scritto ed è qui davanti a me :-)
Un abbraccio forte
Nico